La sentenza

Spese pazze, Rixi condannato. Il viceministro presenta dimissioni lampo, Salvini le accetta

Una condanna in primo grado per peculato, in base al contratto tra Lega e M5S, è sufficiente a far decadere l'esponente del Carroccio

Genova. “Ho già presentato a Salvini le mie dimissioni”. Così il leghista Rixi, genovese e viceministro ai Trasporti e Infrastrutture, condannato oggi a 3 anni e 5 mesi nell’ambito del primo grado del processo “spese pazze”.

Una soluzione era già stata da tempo preventivata. A pochi minuti dall’annuncio di Rixi arriva quello di Salvini, in una nota: “Ringrazio Edoardo Rixi per l’incredibile lavoro svolto fino ad ora. Da tempo ho nelle mani le sue dimissioni, che accetto unicamente per tutelare lui e l’attività del governo da attacchi e polemiche senza senso”. Anche il premier Conte ha preso atto delle dimissioni e le ha accettate.

“Oggi stesso – aggiunge Salvini – nomino Rixi come responsabile nazionale trasporti e infrastrutture della Lega, riconoscendogli capacità e onesta assolute”. Negli ultimi giorni si era parlato di un nuovo “caso Siri“, ma più grave.

Una condanna in primo grado per peculato, in base al contratto tra Lega e M5S, era sufficiente a far decadere l’esponente del Carroccio dal suo posto da viceministro. Anche al di là della legge Severino, che prevede la revoca degli incarichi elettivi. Ma Rixi ha anticipato le polemiche, presentando le dimissioni, e Salvini accettandole.

Oltre ai 3 anni e 5 mesi di condanna, e alla confisca di 56 mila euro, è stata disposta dal giudice anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici che però è da applicarsi a sentenza definitiva. “Nessun commento, aspettiamo le motivazioni della sentenza”, l’unica dichiarazione di Maurizio Barabino, avvocato del viceministro.

Il pm Francesco Pinto aveva chiesto 3 anni e 4 mesi per peculato e falso per quasi 20 mila euro di spese considerate non congrue dallo stesso Edoardo Rixi e per altre spese (36 mila euro) effettuate da altri consiglieri e sulle quali egli non avrebbe vigilato.

Sempre in quanto capogruppo gli vengono addebitati anche 9 mila euro in concorso con l’allora consigliere Francesco Bruzzone, oggi senatore, e 42 mila con Maurizio Torterolo, che aveva patteggiato.

Cene e pranzi, notti in albergo, viaggi, caffé di cui avrebbero beneficiato i componenti del gruppo del Carroccio, negli anni 2010-2012 ma che, secondo l’accusa, erano legati ad attività di campagna elettorale, di partito, e non a motivi istituzionali.

Se Rixi si è dimesso da vice-ministro – salvando di fatto il Governo dopo le polemiche tra Lega e M5S – il delfino di Salvini (che lo ha immediatamente nominato responsabile nazionale per la Lega sulle infrastrutture) resta parlamentare, così come il senatore Francesco Bruzzone. Per gli appartenenti a Camera e Senato, infattil la sospensione dalla carica prevista dalla Severino arriva solo con la sentenza definitiva.

D’altronde tuttavia, visto che il giudice ha disposto la confisca dei beni oggetto del peculato entrambi rischiano il pignoramento di una parte dello stipendio.

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