Il mercato delle grandi opere va alle grandi manovre. Salini Impregilo è uscita allo scoperto con Progetto Italia, confermando di essere al centro di un progetto di aggregazioni che deve portare alla nascita di un colosso italiano nel settore delle costruzioni.
Ma gli aspetti societari non esauriscono la vicenda, perché ci sono ricadute ben più ampie. Per l’Italia c’è un’opportunità importante di fare sistema e di rilanciare la sfida della crescita economica, della modernizzazione e di una maggiore competitività a livello internazionale.
Un progetto, insomma, che deve ridare fiducia agli imprenditori sul mercato interno su tutta la filiera produttiva e riaccendere i riflettori all’estero sulle capacità del nostro Paese di far fronte alle sfide della globalizzazione.
L’operazione intende creare un colosso che avrà un portafoglio ordini di oltre 60 miliardi grazie a nuove commesse sui mercati internazionali ma anche allo sblocco dei lavori in Italia, dove ci sono 36 miliardi di euro di infrastrutture da investire.
Come principale operatore in Italia sarà proprio Salini a fare da pivot, con il supporto dei principali istituti finanziari, dalla Cassa depositi e prestiti alle banche, italiane ed estere. Si inizia con l’integrazione di Astaldi, oggi numero due in Italia dopo Salini, ma è probabile che presto se ne aggiungano altre.
Pietro Salini, socio di riferimento e amministratore delegato del gruppo, lo ha detto chiaramente: è pronto a sacrificare il nome della società, cambiandolo con un altro più aderente alla nuova realtà, per consentire al progetto di andare in porto. E anche la quota azionaria oggi espressa dalla sua famiglia è destinata a diluirsi, pur restando azionista di controllo. “Quel che conta è l’operazione per il Paese, mettendo in secondo piano l’ego di noi imprenditori” ha dichiarato. La posta è molto alta: in gioco ci sono lo 0,3% del Pil e 500 mila posti di lavoro.