Genova. Il Cargo Bahri Yanbu, con a bordo un carico di armi destinate all’Arabia Saudita per la guerra in Yemen, non deve attraccare nel porto di Genova. Lo stanno chiedendo a gran voce i portuali anche con un comunicato nazionale della Filt Cgil e le associazioni pacifiste a partire da Amnesty International. Due giorni fa a causa della protesta delle ong e degli attivisti francesi è stato impedito lo scalo della nave al porto di Le Havre dove avrebbe dovuto imbarcare diversi cannoni Cesar prodotti in Francia. In Francia le rivelazioni circa la vendita di armi al governo di Riad che le utilizzerebbe contro la popolazione civile sono opera del sito giornalistico d’inchiesta Disclose, che, grazie ad alcune carte dei servizi segreti, ha costretto il presidente francese Macron ad ammettere che la fornitura di armi all’Arabia Saudita non si è mai arrestata.
“Condividiamo e sosteniamo le preoccupazioni dei portuali di Genova sulla necessità di negare l’attracco alla nave cargo Bahri Yanbu con a bordo armi che potrebbero essere destinate a paesi arabi in guerra”. afferma il segretario nazionale della Filt Cgil Natale Colombo che aggiunge “è su un caso come questo che il Ministro degli Interni, mantenendo fede ai trattati internazionali sottoscritti a difesa dei diritti umani e contro i conflitti armati che uccidono migliaia di civili innocenti, dovrebbe intervenire e chiudere i nostri porti per evitare che la nave in questione possa caricare armi anche nel nostro paese”.
Anche le associazioni pacifiste in una lunga nota in chiedono che sia negato alla nave il permesso di attraccare visto che è “reale e preoccupante la possibilità che anche a Genova possano essere caricate armi e munizionamento militare” ricordando tra l’altro che “negli ultimi anni è stato accertato da numerosi osservatori indipendenti l’utilizzo contro la popolazione civile yemenita anche di bombe prodotte dalla RWM Italia con sede a Ghedi, Brescia, e stabilimento a Domusnovas in Sardegna”. Per Amnesty Italia quindi “esiste quindi il fondato pericolo che i porti italiani accolgano gli operatori marittimi che trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a paesi in conflitto: armi che possono essere usate – com’è già accaduto – per commettere gravi violazioni dei diritti umani e che anche secondo i trattati internazionali firmati dal nostro Paese non dovrebbero essere consegnate”.
La associazioni pacifiste ricordano come il presidente del consiglio Giuseppe Conte lo scorso 28 dicembre abbia affermato che “il governo italiano è contrario alla vendita di armi all’Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze”. Invece, nessuna sospensione è stata ancora definita e le forniture di bombe e sistemi militari sono continuate anche in questi mesi ammontando ad un controvalore di 108 milioni di euro nel solo 2018 secondo i dati ufficiali governativi elaborati dall’Osservatorio Opal di Brescia.
Anche la Camera del lavoro e la Filt Cgil di Genova ribadiscono le posizioni espresse dal sindacato a livello nazionale: “Il nostro Governo – dicono in una nota il segretario della Camera del lavoro Igor Magni e il segretario della Filt Cgil Genova Enrico Poggi – anziché gridare alla chiusura dei porti alle navi che trasportano uomini donne e bambini, in fuga da guerre, carestie, fame e violenze e in cerca di salvezza, rispettando i trattati internazionali firmati anche dall’Italia, a difesa dei diritti umani e contro i conflitti armati che solo nella guerra nello Yemen, possibile destinazione delle armi in questione, in 4 anni ha già causato 60 mila morti e milioni di sfollati, dovrebbe intervenire e chiudere i nostri porti per evitare che la nave saudita possa caricare armi anche dal nostro Paese”.
La “nave delle armi” come è stata ribattezzata, dovrebbe arrivare a Genova alle 11 di sabato 18 maggio al terminal Gmt. Anche se formalmente non è stato convocato un presidio di protesta, se non arriveranno risposte dal Governo e dalle altre autorità competenti, probabilmente la protesta ci sarà, magari sotto forma di boicottaggio come chiarisce un duro comunicato della Filt Cgil: “La scrivente Segreteria, sentiti anche i delegati delle imprese portuali appartenenti alla nostra organizzazione, invitano tutte le autorità competenti a non mettere a disposizione della nave Bahri Yanbu lo scalo di Genova o altri scali sul territorio nazionale, riteniamo che per tale caso intervenga il Ministero degli interni, per mantenere fede ai
trattati internazionali sulla difesa dei diritti umani. La Filt-Cgil di Genova farà tutto il necessario per impedire l’imbarco di materiale bellico nel nostro porto.
Sulla stessa linea l’Arci: “Alla nave cargo con armi da guerra va vietato l’attracco, così come previsto dai trattati internazionali sottoscritti dal nostro Paese in tema di diritti umani e contro i conflitti armati. Si chiuda il porto alle armi, non solo ai disperati” dichiarano la presidente nazionale dell’Arci, Francesca Chiavacci, e il presidente di Arci Genova, Stefano Kovac. E la comunità di San Benedetto al porto: “La Genova solidale e accogliente è pronta ancora una volta a mobilitarsi” spiega Domenico Chionetti della comunità di San Benedetto.
Intanto il collettivo autonomo dei lavoratori portuali, l’ala più radicale dei lavoratori del porto, ha convocato un’assemblea pubblica per venerdì alle 18 alla Sala chiamata dove verranno decise le iniziative da intraprendere. La nave, che dovrebbe arrivare a Genova sabato a partire dalle 11 – molto ovviamente dipende dalle condizioni del mare, attraccherà al terminal Gmt. Secondo quanto appreso si tratterebbe solo di uno scalo tecnico. La capitaneria di porto di Genova non ha ancora autorizzato l’accesso della nave in attesa dell’autorizzazione della Prefettura, ma trattandosi di un accosto atteso per sabato sembrerebbe normale che la pratica sia ancora in itinere.