Genova. L’insolita proposta di abbinare l’esecuzione dal vivo della sonorizzazione di un film muto con un’opera breve è, a nostro parere, riuscita. I due titoli, pur accomunati da un’evocazione mefistofelica (in Rapsodia Satanica è direttamente protagonista, donando la giovinezza alla contessa Alba d’Oltrevita e poi prendendosi la sua anima quando viene meno al patto di non innamorarsi, mentre in Gianni Schicchi il riferimento è solo al canto XXX dell’Inferno dantesco a fine opera), non potrebbero essere più diversi: una vera tragedia la pellicola uscita nel 1917 e restaurata qualche anno fa, un’opera buffa dove si ride dall’inizio alla fine il Gianni Schicchi di Puccini.
In totale (intervallo compreso), fanno due ore di durata che, anche chi non è abituato alla lunghezza della lirica, può tranquillamente sopportare.
Rapsodia satanica
Assistere a un film muto sonorizzato dal vivo è un’esperienza particolare. Se poi è musicato da Mascagni, diventa ancora più speciale. Per la trama vi rimandiamo al nostro bignami Lirica for dummies. Non avevamo mai visto questa pellicola e sinceramente non ne avevamo mai sentito parlare, quindi, come spettatore curioso e ignorante, ci siamo lasciati conquistare da una trama torbida e davvero tragica, con una protagonista, la genovese Lyda Borelli, di una bellezza d’altri tempi e dalle movenze che oggi sembrano anacronistiche, ma che all’epoca dovevano essere funzionali anche al fatto che esisteva solo la camera fissa e non certo la possibilità di artifici a cui oggi siamo abituati.
Colpisce la modernità della partitura di Mascagni, tanto che la definizione migliore, rispetto a sonorizzazione sarebbe quasi colonna sonora. In particolare due momenti ci “portiamo a casa”, impressi nella memoria: il primo sono temi musicali con cui viene introdotto il favoloso Mefistofele interpretato da Ugo Bazzini, cupo e severo quando compare nel corso del film, ma anche un’insinuazione seducente e quasi leggiadra quando cerca di convincere la contessa a fare il patto con lui. Il secondo è il momento in cui Alba d’Oltrevita si siede al pianoforte e contemporaneamente il pianista dell’orchestra suona come se fosse lei a dar vita alle note. Una vera rivoluzione, apprendiamo dal bel saggio di Massimo Pastorelli ospitato nel libretto di sala (per chi è curioso si tratta del tema della ballata n.1 in sol minore op.23 di Chopin).
Gianni Schicchi
Un aspetto materiale accomuna le due opere, forse più del tema infernale: la straordinaria bellezza dei costumi. Se nel restaurato Rapsodia satanica scopriamo che gli abiti di Alba d’Oltrevita sono rosa, in Gianni Schicchi Vivien A. Hewitt ha compiuto un ottimo lavoro nel rievocare le “Madonne” fiorentine alla vigilia del 1300.
La standing ovation a Rolando Panerai (classe 1924), regista dell’opera, quando sale sul palco al termine della rappresentazione, lui che è stato tante volte Gianni Schicchi, è un tributo alla carriera, ma anche a una regia pulita ed efficace, funzionale alla leggerezza del racconto.
Perfettamente padrone della scena il Gianni Schicchi di Federico Longhi. Molti applausi per i due innamorati: Serena Gamberoni (Lauretta), che ha saputo toccare le corde dell’emozione con l’aria “O mio babbino caro” e Matteo De Sole (Rinuccio), che ha raccolto un applauso a scena aperta con il suo “Avete torto”, davvero convincente, con voce molto pulita. Un messaggio, tra l’altro, su come non importi l’origine di una persona per giudicarla (“vien dal contado? Ebbene?”), in contrasto ai parenti che non vogliono imparentarsi “con la gente nova”.
Tutto il cast risulta comunque particolarmente affiatato e a proprio agio nella scenografia di Enrico Musenich. Applaudita anche la direzione di Valerio Galli.
Rapsodia satanica e Gianni Schicchi si possono vedere ancora oggi, sabato 13 (ore 15.30 e 20) e domani (15.30 e 20).