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Il nuovo ponte di Genova come una nave, l’allarme degli ingegneri: “Alti consumi e rumore”. E i costruttori rispondono

Tra le osservazioni agli studi ambientali quella di Roberto Guarino, insieme a un pool di colleghi, relativa all'impianto di deumidificazione dei cassoni

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Genova. Tra le 18 osservazioni sugli studi ambientali legati al progetto di ricostruzione del viadotto Polcevera, arrivate entro il 31 marzo all’indirizzo della struttura commissariale e pubblicate sul sito ufficiale del commissario, tra “pec” di pura critica generica e valutazioni più circostanziate, c’è una lunga missiva firmata da un ex dirigente della storica Italimpianti, Roberto Guarino, ingegnere in pensione che lavorò, tra le altre cose, al ponte dei record che oggi unisce Svezia e Danimarca.

Guarino, ex militante del Pci, che già nei mesi scorsi insieme a 30 ingegneri pubblicò una lettera aperta molto critica sui tempi e modalità di ricostruzione, ha risposto alla chiamata della struttura commissariale ribadendo diversi concetti: a non convincerlo i tempi stimati di ricostruzione, l’assenza di indicazioni sul periodo di posa del calcestruzzo, la logistica necessaria per portare in loco i cassoni del futuro ponte, i materiali che saranno utilizzati e – ed è questo l’argomento forse più spinoso dal punto di vista ambientale – il fabbisogno energetico del nuovo viadotto.

L’ingegnere pungola i progettisti sulla decisione di costruire il ponte – ricalcando l’idea di Renzo Piano – come se fosse una nave. La sezione ricorda molto da vicino la chiglia di una portacontainer. “Fincantieri costruisce navi” ironizza Guarino riferendosi a uno dei soggetti del consorzio Per Genova (l’altro è Salini Impregilo) e non nascondendo una certa causticità nel commentare la scelta politica di affidare a quel consorzio “di stato” la grande opera. Ma soprattutto, secondo il tecnico, quel ponte a forma di nave costerà un sacco di soldi per la necessaria deumidificazione dei cassoni.

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“Per 100 anni l’utenza dovrà pagare circa 1.000 kw/h di potenza elettrica – scrive Guarino – 3000 di potenza termica, necessaria per l’impianto, alla faccia del risparmio garantito dal previsto impianto fotovoltaico di alimentazione delle luci, i manuali e la stato prassi indicano infatti 1 kw elettrico ogni 100 metri cubi di aria la potenza necessaria”.

Secondo l’ingegnere “sarebbe stata di grand lunga preferibile una soluzione tralicciata, aperta, ispezionabile e non soggetta a condensa che avrebbe potuto apparire come una sezione di nave semplicemente tramite l’inserimento di leggere tamponature sagomate esterne, magari in vetroresina, che avrebbero potuto prevedere aperture di ventilazione naturali. Sia Aspi sia Cimolai avevano offerto la soluzione di una struttura di questo tipo e le loro offerte, oltre ad avere un prezzzo inferiore, avrebbero avuto costi di esercizio scevri della gabella dei 3000 kw/h.”

Secondo l’ingegnere Guarino inoltre l’impianto di deumidificazione potrebbe generare un rumore molto importante rendendo necessari interventi di contenimento acustico. “Su questo aspetto, nel progetto, non si parla di soluzioni perché si precisa che si tratterà di valutazioni, relativa alla fase di esercizio, che saranno a carico del gestore dell’infrastruttura”, sia esso Autostrade o altro, si legge nella lettera di osservazione.

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Dalla struttura commissariale, attraverso i progettisti, la risposta. In breve, l’impianto di deumidificazione non dovrà funzionare ogni giorno, sarà interno ai cassoni quindi silenzioso, e alimentato quasi esclusivamente con i pannelli fotovoltaici. In particolare, “l’impianto di deumidificazione a gestione centralizzata è costituito da più elementi indipendenti di potenza elettrica complessiva inferiore ragionevolmente compresa tra 250 e 300 kw e ha lo scopo di prevenire la creazione di condensa salina all’interno dei cassoni metallici. L’impianto, alimentato da pannelli fotovoltaici dotati di batterie di accumulo, si attiva automaticamente sulla base di un monitoraggio continuo di vari parametri igrometrici quali la temperatura esterna, quella interna e l’umidità relativa. Il progetto prevede che l’esercizio dell’impianto avvenga per una durata complessiva molto limitata nell’arco della giornata”.

“Tenendo conto della superficie utile dei pannelli e della loro posizione si stima che in alcuni mesi dell’anno il fabbisogno di energia dell’impianto sarà interamente coperto dalla produzione dei pannelli – si legge ancora – e che ragionevolmente nell’arco dell’anno si coprirà una ragguardevole percentuale di fabbisogno energetico limitando le forniture residuali provenienti dalla rete di alimentazione esterna con ciò abbattendo drasticamente i costi da sostenere per l’esercizio dell’impianto stesso”.

In merito all’impianto acustico, i costruttori precisano che tutti gli impianti saranno all’interno della struttura del viadotto e pertanto al chiuso, con piccole finestrature per lo scambio dell’aria. Comunque sarà in funzione non in maniera continua ma solo all’occorrenza e il rumore prodotto “si può ritenere trascurabile”.

In attesa della pubblicazione del progetto esecutivo definitivo, la cui firma dovrebbe arrivare nelle prossime ore insieme a un decreto del commissario, non resta che aspettare di vedere il ponte realizzato per capire chi avrà avuto ragione. Intanto il consigliere comunale del Pd Stefano Bernini, che più volte in aula rossa ha fatto sue le critiche di Guerino, fa notare come nelle commissioni su Ponte Morandi fissate per il futuro non sia contemplato un confronto sul progetto. “Parleremo di costi e di viabilità – dice l’ex assessore ai Lavori pubblici – ma credo sia necessaria una discussione critica e trasparente anche sulle caratteristiche della futura opera”.

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