Genova. La V Sezione del Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Comune di Genova, che non aveva concesso l’uso del servizio delle pubbliche affissioni per i centotrenta manifesti della campagna nazionale promossa dall’Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti “Non affidarti al caso”, in tema di obiezione di coscienza in ambito sanitario.
Il ‘no’ del Comune all’affissione era motivato dal fatto che il manifesto poneva in evidenza “una possibile violazione di norme vigenti in riferimento alla protezione della coscienza individuale e al rispetto ed alla tutela dovuti ad ogni confessione religiosa e a chi la professa”. Il Comune chiedeva pertanto la modifica della bozza del manifesto che contrapponeva il busto di un medico a quello di un ministro del culto cristiano, con la scritta “Testa o croce?” e poi “Non affidarti al caso” e “Chiedi subito al tuo medico se pratica qualsiasi forma di obiezione di coscienza”.
Il Tar Liguria aveva accolto il ricorso contro il diniego del Comune di Genova. Il comune di Genova ha fatto appello e il Consiglio di Stato lo ha accolto. I giudici – si legge nella sentenza depositata oggi dalla V Sezione – pur riconoscendo “naturalmente legittima la critica alle scelte dei medici obiettori”, alla luce dei principi costituzionali e della Corte europea dei diritti dell’uomo ha ritenuto che legittimamente il Comune aveva considerato le caratterizzazioni del manifesto “inutilmente discriminatorie, incontinenti e offensive per le scelte etiche o religiose fatte proprie dai medici obiettori di coscienza, la cui opzione professionale e’ garantita dalla legge n. 194 del 1978 sull’interruzione volontaria della gravidanza”.
Soddisfazione da parte dell’assessore comunale Pietro Piciocchi, che su Facebook scrive: “Anche il Consiglio dell’Ordine dei Medici si era espresso negativamente. Rispettiamo la libertà di tutti di esprimere le proprie opinioni. Ma esigiamo il rispetto della coscienza dei medici obiettori, che non possono essere demonizzati e giudicati cattivi medici solo perché hanno fatto questa scelta garantita dalla legge, e non accettiamo che il simbolo della croce sia accostato a superstizione ed irrazionalità. Non ci vergogniamo dei nostri valori”.