Genova. Un Don Pasquale coloratissimo quello che è in scena al Teatro Carlo Felice sino al 14 marzo (il 10 alle 15.30, il 12 alle 20, il 13 alle 15.30, il 14 alle 20). Un’occasione per vedere un allestimento traslato nel tempo a cura della Scottish Opera, precisamente nella Roma degli anni Sessanta, per l’opera buffa di Donizetti in cui un anziano un po’ avaro decide di sposarsi a 70 anni pur di non cedere l’eredità al nipote Ernesto, innamorato di Norina, vedova senza dote. Inutile dire che ne pagherà le conseguenze perché Norina si finge Sofronia, sorella del dottor Malatesta, che si trasformerà in scialacquatrice senza cuore una volta preso possesso di casa (Qui la presentazione con l’intera trama).
Come ormai è consuetudine andiamo ad analizzare i motivi principali per andarlo a vedere.
Primo motivo – allestimento e costumi
I puristi avranno storto il naso, ma vedere Sofronia/Norina in abito leopardato o un Ernesto con una vestaglia da fare invidia a una tappezzeria d’antan, con tanto mocassini, è un’occasione più unica che rara. La casa di Don Pasquale è trasformata in una pensione frequentata da turisti con sandali sopra le calze, in cui i tanti gatti verdi presenti qua e là sono elementi non solo scenografici: nel prologo scopriamo, grazie a un fotoromanzo proiettato sul velatino, che Don Pasquale ama i felini ma ne è ahinoi allergico. Gatti che scompariranno quando Sofronia/Norina prenderà “possesso” della casa per far impazzire Pasquale e costringerlo a tornare sui suoi passi, facendo posto a oggetti icona del design dell’epoca come la lampada “Nesso” di Artemide.
Secondo motivo – i personaggi “muti”
Il maggiordomo che ama dormire (Luca Alberti), l’inserviente con la sigaretta in bocca (Cristina Banchetti), il cuoco (Boris Vecchio). Sono tre figure presenti in tutta l’opera e rappresentano, prima dell’intervento di Sofronia/Norina, gli unici tre dipendenti della “Pensione Pasquale”. Arricchiscono la scena pur non dicendo una parola, contribuendo a far sorridere con atteggiamenti anche loro da maschere della commedia dell’arte. Una menzione anche per il finale, quando a Don Pasquale verrà donato un cagnolino. Si tratta di Matisse e il Teatro fa sapere che proviene dal canile municipale di Palermo, ha due anni, è vaccinato, chippato ed è pronto per essere adottato (scrivere a comunicazione@carlofelice.it).
Terzo motivo – Sofronia/Norina
Desirée Rancatore è bravissima nelle movenze e negli inganni. Quel “miao” con cui conquista il povero Pasquale è emblematico. Nel terzo atto è davvero “spietata” pur di far desistere Pasquale e poter finalmente sposare il suo amato Ernesto. Una vera mattatrice, anche vocalmente.
Il punto debole
A causa di un’improvvisa indisposizione di Kristopher Irmiter, già sostituto di Erwin Schrott, il ruolo di Don Pasquale è stato interpretato da Giovanni Romeo. Il cast ha un po’ faticato soprattutto nella prima parte a “dare il ritmo giusto” alla narrazione musicale del maestro Alvise Casellati, comprensibile, visto che Romeo era previsto nel secondo cast. L’interpretazione è comunque stata un crescendo fino al termine della messa in scena e i quattro protagonisti hanno raccolto un discreto numero di applausi.