“Un’esperienza veramente incredibile e unica, che ci ha sorpreso a 360 gradi”. Sono stremati ma felici Michele Minetto e Davide Baiardi, i due savonesi che questa settimana hanno partecipato in Marocco al Panda Raid: per loro un 48esimo posto di categoria che ha il sapore della vittoria, tra difficoltà incredibili e scenari mozzafiato.
Davide, 29enne insegnante di lingue, e Michele, 28enne grafico, ci raccontano la loro folle avventura mentre sono su un traghetto della GNV che dal Marocco li sta riportando a Genova. Sette giorni a bordo di una Panda 900 i.e. 4×2 del 1999, in viaggio da Nador a Marrakech: sei tappe su terreni differenti (quasi sempre deserto allo stato puro, spazi aperti lontani dalle rotte tracciate sulle mappe), senza Gps né Wi-Fi. Una gara “epica” che rivivono con emozione.
“La difficoltà ci ha sorpreso, non ce la aspettavamo così dura – spiegano – le sei tappe avevano una difficoltà sempre crescente, che si ripercuoteva poi sia sul nostro livello di stress e fatica che sui danni alla macchina. Quest’anno ben 70 veicoli non sono nemmeno riusciti a completare la gara, chi per i ritardi accumulati e chi per danni alla macchina, fermandosi prima di Marrakech o tagliando il traguardo in carro attrezzi”.
“Era molto faticoso anche perché il tempo per potersi ‘godere’ il viaggio e la giornata era veramente poco: si partiva al mattino presto e si avevano dalle 8 alle 10 ore per completare la gara e rimanere in classifica. Le pause erano quindi ridotte veramente al minimo, massimo 5-10 minuti, giusto il tempo di bere qualcosa e fare due foto. La sera all’arrivo, con la poca luce rimasta, si allestivano le tende e si sistemavano i problemi alla macchina. Alle 20.30 venivano serviti i pasti, un’ora dopo il briefing con gli organizzatori per analizzare le difficoltà della tappa successiva e poi si andava a dormire”.

A ricompensare di tanta fatica il brivido dell’avventura ma soprattutto i panorami: “Ogni tappa era uno scenario completamente diverso, dal punto di vista dei paesaggi abbiamo potuto davvero vedere un sacco di ‘volti’ del Marocco. E anche il campo era bellissimo, davvero ben allestito e strutturato, con bagni, docce con acqua corrente, un’enorme area ristoro arredata in stile tradizionale marocchino e un’officina nella quale un team di meccanici marocchini e spagnoli riparava i veicoli per tutta la notte”.
Scorci selvaggi in grado di incantare, ma che ovviamente costituivano un ostacolo in più per la competizione: “La parte peggiore, soprattutto per le 4×2 come la nostra, era quando il percorso prevedeva l’attraversamento di fiumi o di tratti sabbiosi, alcuni lunghi parecchi chilometri. Inevitabilmente la vettura sprofondava ed era necessario l’intervento di diverse persone per liberarla”.

Nonostante questo, la classifica alla fine sorride, con un 48esimo posto di categoria su un totale di oltre 200 auto: “Il nostro risultato è stato inaspettato, perché da neofiti siamo riusciti a competere bene con gli altri partecipanti – confermano con un pizzico di orgoglio – e per pochi minuti ci è sfuggito un ventesimo posto nella categoria, decisivo un ritardo di alcuni minuti su una tappa. Comunque siamo molto soddisfatti”.
Il Panda Raid, giunto all’11a edizione, è un raduno amatoriale che si tiene ogni anno a marzo: una prova di resistenza sulla lunga distanza, a bordo proprio di una Panda storica di prima generazione (antecedenti al 2003) o della “gemella” Seat Marbella. Una sfida che mette a dura prova non solo l’utilitaria ma anche le capacità fisiche e mentali delle squadre: forature, danni meccanici e guasti all’impianto elettrico sono all’ordine del giorno ed il terreno impervio, la sabbia e le alte temperature logorano la resistenza degli equipaggi durante il percorso. Un tuffo nel passato anche dal punto di vista tecnologico: niente WiFi o Gps, per orientarsi i partecipanti hanno a disposizione solo la “vecchia” bussola, un roadbook e una cartina.