Genova. Recentemente salito agli onori della cronaca grazie al nuovo filone di indagini nato dall’inchiesta sul crollo del Morandi, il viadotto Gargassa è tra i tre ponti considerati più a rischio del territorio metropolitano genovese. E il suo aspetto sembra confermare le preoccupazioni.
Costruito nel 1976 insieme alla tratta Voltri – Ovada dell’A26, con i suoi 275 metri di lunghezza “salta” la valle da cui prende il nome, nel comune di Rossiglione. Sette campate che sostengono le due separate carreggiate autostradali, con dodici piloni in cemento armato, il cui stato di salute è stato attenzionato dalla Procura di Genova, anche se considerato “in sicurezza”.
Dalle indagini sono emerse potenziali irregolarità sulla valutazione dello stato di salute del ponte: una pratica che avrebbe permesso di evitare eventuali blocchi al traffico pesante. Per questo motivo sono recentemente scattati 12 avvisi di garanzia per alcuni dirigenti e tecnici di Autostrade per l’Italia e Spea Engineering, la società controllata da aspi che si occupa delle manutenzioni delle infrastrutture. Insieme al Gargassa, sono stati citati il Sei Luci sull’A7 (di cui abbiamo parlato qui) e il Pecetti, sempre sulla A26, situato tra Mele e Genova.
Il Gargassa ha poco più di quarant’anni di servizio, ma all’apparenza se li porta non proprio benissimo. Senza pretesa di esaustività e “capacità diagnostica”, quello che è facilmente notabile è l’ammaloramento generalizzato delle superfici esterne di piloni e travi, con ampie metrature di cemento marcescente che fa emergere le strutture metalliche dell’armatura del calcestruzzo, lasciata in balìa degli agenti atmosferici.
In risposta alle notizie delle indagini, Aspi ha precisato che le ispezioni del ministero del 19 e 30 novembre avevano evidenziato la necessità di “eseguire prontamente la rimozione di alcune porzioni di superficiali di calcestruzzo degradato”, cosa successivamente “posta in essere” dalla direzione del tronco.
L’intervento è visibile su alcuni pile, ma il problema sembra interessare diverse altre parti delle strutture, mentre le basi di almeno due piloni sono emerse con lo slavamento del terreno dovuto a pioggia ed eventi atmosferici, e sono facilmente visibili. Inoltre, il sistema di raccolta dell’acqua piovana appare rotto e non funzionante in diversi punti, con sgocciolamenti e infiltrazioni diffuse.
Autostrade per l’Italia ha precisato che lo scorso 16 novembre su Gazzetta Ufficiale è stato pubblicato un bando “relativo ai lavori di manutenzione ordinaria concernenti il ripristino conservativo dell’intero viadotto”. Sul sito di Gazzetta Ufficiale, però, nella sezione “Contratti” si trova solamente un bando che sì riguarda il Gargassa, ma è relativo a “Lavori di ripristino e sostituzione delle barriere di sicurezza bordo ponte”. In loco sussiste un cantiere, senza indicazioni, con impalcature che avvolgono la prima pila, la più “bassa”: stando alle dichiarazioni di Aspi, si potrebbe trattare “dell’anticipazione di alcune attività di ripristino conservativo”, come dichiarato nei giorni scorsi. Ma al momento l’intervento sembra essere decisamente limitato.
“Questo ponte fa paura – ci dice Enrico, cittadino di Rossiglione, pensionato, che incontriamo alla base del pilone più alto e che tutti i giorni passa sotto il Gargassa, – il problema vero è l’acqua: le grondaie sono tutte rotte, e la pioggia sgocciola per giorni sotto, non è mai asciutto. Poi con il freddo, il ghiaccio spacca poco alla volta il cemento. Sono anni che è così, e che cadono calcinacci e pezzi di calcestruzzo”. Poi si concede un’esagerazione: “Sa come lo chiamiamo? Il Prossimo”. Una conclusione che suona eccessiva: “Guardi, da quello che ci dicono nessuno sapeva che il Morandi era messo così, poi un giorno è venuto giù. E’ inquietante”. Già, inquietante.
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