Genova. “Ho dato la massima disponibilità per aiutare il pm a svolgere l’attività che sta facendo, tornerò dopo per rivedere con lui il verbale”.
L’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi (tra 2013 e 2015) è stato chiamato come testimone dal pubblico ministero nell’ambito dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi.
Durante il mandato da ministro, Lupi racconta che l’attenzione era tutta concentrata sulla Gronda, ribadendo che non erano arrivate notizie di particolare criticità: “Eravamo consapevoli che non avrebbe sostituito il ponte Morandi, ma avrebbe consentito di scaricare il traffico pesante e indirettamente avrebbe creato una situazione diversa. Le note contrarietà locali hanno allungato i tempi in modo inenarrabile”.
Lupi ricorda che all’epoca si stava realizzando il passaggio del potere ispettivo da Anas alla direzione vigilanza, ma, secondo le notizie che sono emerse in questi mesi, non c’erano fondi sufficienti per fare i controlli, nonostante, tra le priorità indicate dal ministro e dai suoi successori, la sicurezza fosse al primo posto.
I tre punti fondamentali per Lupi erano: sicurezza della manutenzione ordinaria e straordinaria, realizzazione di grandi infrastrutture e tariffe, per capire se la tariffazione fosse corretta rispetto agli investimenti che si facevano.
«Anas – spiega Lupi – non poteva svolgere il ruolo di concedente e di controllore sulle concessionarie, il ministro Di Pietro aveva fatto una legge importante per la revisione del rapporto con le concessionarie, dando vita a struttura autonoma in capo al ministero, che potesse attuare il controllo».
Tuttavia, da quello che emerge dalle dichiarazioni dell’ex ministro, i buoni propositi si sono scontrati con le risorse messe a disposizione dal ministero dell’Economia, “noi le prime 50 risorse le avevamo fornite, poi in questi anni ognuno vedrà se i soldi ci fossero o meno”.
Qualcosa evidentemente non ha funzionato. “Bisogna comprendere le responsabilità in capo a chi sono”, dichiara Lupi.