The day after

Carige: Consob sospende titolo a tempo indeterminato. Cosa significa la scelta del commissariamento

Il problema sembra essere di governance, non di capitale

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Genova. “I ridotti obblighi informativi al pubblico conseguenti al regime di Amministrazione Straordinaria non garantiscono la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori”. Per questo motivo la Consob, la commissione nazionale per le società e la borsa, ha sospeso il titolo dalle contrattazioni “fino alla vigenza della decisione adottata dalla Banca Centrale Europea, oppure, fino a quando, anche in esito alle ulteriori eventuali iniziative delle competenti Autorità per la vigilanza prudenziale, non sarà ripristinato un completo quadro informativo sui titoli, emessi o garantiti da Banca Carige”.

Intanto ieri i commissari hanno spiegato, in un videomessaggio, che “Non cambierà molto: avremo una governance più snella, ma non mutano gli obiettivi di derisking, il progetto di rafforzamento patrimoniale e il rilancio commerciale”. Elementi fondanti di un piano industriale che è in preparazione. Raffaele Lerner, l’ultimo arrivato, ieri ha sottolineato che questo provvedimento della Bce: “Dimostra fiducia nell’azienda. Si tratta della prima volta che nella terna commissariale sono presenti due elementi della precedente amministrazione. Un’esposizione e una presa di posizione della Bce di fiducia nella banca”.

In effetti quello che sembra essere accaduto, è proprio una mossa per mettere alle corde la famiglia Malacalza. Da quando, grazie a un cospicuo investimento di oltre 400 milioni, sono diventati azionisti di maggioranza della Banca, il problema è sempre stato quello della governance: già tre i cambi al vertice, senza contare quest’ultima raffica di dimissioni: prima la coppia Montani-Castelbarco, con una coda velenosa fatta di denunce e un primo round giudiziario favorevole ai due, poi Guido Bastianini, infine Paolo Fiorentino.

La scelta di confermare Innocenzi e Modiano come commissari, conferma che il percorso intrapreso in termini di rafforzamento del capitale era quello giusto.

In effetti, a fare notizia in questi ultimi anni, sono stati i litigi interni, che hanno evidentemente rallentato il percorso di risanamento. Una banca non è un’azienda privata. Spesso alcune uscite (e lettere) di Malacalza, per attaccare l’operato di coloro che lui stesso aveva scelto per il cda, hanno avuto un effetto disarmante nei confronti degli investitori, già provati da tre aumenti di capitale.

L’ostinazione con cui alcuni azionisti hanno difeso l’azionista di maggioranza, anche nelle ultime assemblee pur di mantenere la “genovesità” della Banca, forse ha fatto ancora più male. Una banca deve essere del territorio nei fatti, non perché la proprietà è ligure.

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