Genova. Dopo il semi flop della manifestazione Riprendiamoci Genova che aveva l’obiettivo alto di unire l’intera città dopo il crollo del ponte Morandi ma che ha portato in piazza – dopo mille rinvii – poco più di mille persone, e sulla scia del discreto successo delle ‘madamin’ torinesi che sotto la Mole hanno portato a manifestare a favore della Tav Torino-Lione quasi 30 mila persone. la buona borghesia genovese ci riprova e il 20 gennaio vuole tornare in piazza, questa volta a favore di sviluppo e grandi opere.
“Il tentativo è quello di portare anche a Genova quest’onda che è nata a Torino – dice Andrea Acquarone dell’associazione Che L’Inse, uno degli organizzatori della manifestazione genovese, ora fondatore del comitato Sì Genova vuole sviluppo – che rappresenta una voce forte a favore dello sviluppo, del lavoro e delle infrastrutture che ci collegano all’Europa. Vogliamo provare quindi a chiamare la città a un nuovo momento di mobilitazione dove speriamo che si riesca a ottenere l’unità di una sola voce forte che ispira queste istanze fondamentali per il nostro territorio e che ci accomunano al resto del Nord Ovest”.
A presentare la mobilitazione che si terrà il prossimo 20 gennaio è arrivata a Genova anche Patrizia Ghiazza una delle sette ‘madamin’ torinesi del comitato Sì tav: “’ Il messaggio è quello di dare sostegno a una serie di sì che vuol dire sì allo sviluppo sì al lavoro e sì alle instrastrutture visto che sia a Genova sia a Torino sentiamo molto importante questo tema di collegamento delle infrastrutture con l’Europa sia come infrastrutture materiali, sia virtuali”.
A chi fa notare come la questione delle grandi opere resti un tema che crea forte contrapposizione (domani a Genova ci sarà un presidio no tav proprio a 24 dal via libera arrivato dal ministro grillino Toninelli il cui partito è stato però sempre contrario, mentre a Torino dopo i 30 mila si tav a scendere in piazza sono stati 50 mila no tav, i sostenitori di quello che definiscono ‘progresso’ dicono: “la posizione a favore delle grandi opere non deve essere ideologica – commenta Acquarone – anche se è vero che ci sono infrastrutture più necessarie di alte, serve riaffermare una voce a favore del progresso salvo poi entrare nel merito delle singole opere, confrontarsi e discutere”.