Editoriale

Nuovo ponte di Genova, quello che ci servirà da oggi non è il nome di chi costruisce ma un progetto chiaro al minuto e al centesimo

Ci siamo distratti qualche minuto e la vicenda è diventata - come tutto in Italia - una questione di tifoserie. Quello che ci serve non sono nuove sfide, ma trasparenza e informazione

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Genova. Ci siamo distratti qualche minuto e la vicenda del nuovo ponte è diventata – come tutto in Italia – una questione di tifoserie. Petizioni on line con migliaia di firme a sostegno dell’una o dell’altra idea di viadotto. Calatrava vs Piano neanche fosse un superclasico dell’architettura. Dialoghi intavolati con sconosciuti sull’autobus o in fila al supermercato sulla solidità economica di Salini, Cimolai, Pizzarotti o addirittura dei cinesi di CCCC come se il genovese medio passasse le sue giornate a fare visure camerali dei colossi dell’edilizia. Stralli o no, più piloni o meno piloni, conservazione o demolizione, esplosivo o strand jack. Non vogliateci male se a Genova siamo diventati tutti un po’ ingegneri, strutturisti, architetti, urbanisti. E’ che questa cosa del ponte ci riguarda. E come parlare di un parente, di un migliore amico.

Però non dobbiamo perdere di vista l’obbiettivo né il contesto. E quindi sarà importante, da oggi, quando il sindaco-commissario Marco Bucci ci svelerà chi sarà il costruttore (non ci sono molti colpi di scena da aspettarsi, sarà la cordata “di stato” Salini Impregilo con Fincantieri e Italferr) iniziare a concentrarsi su quello che sarà uno dei cantieri più complicati della storia del Paese, e con più riflettori puntati sopra. L’obbiettivo – dicevamo – è avere un ponte, solido, e in fretta. Quindi bene che sia ispirato a un’idea del “nostro” Renzo Piano, ma è importante che sia un ponte dove i genovesi e non solo sentiranno di poter transitare tranquillamente.

E quindi, visto che è qualcosa che ci riguarda, e visto che in realtà non siamo affatto ingegneri e architetti, sarà importante, da parte delle istituzioni, comunicare in maniera trasparente, divulgativa, precisa come si costruirà, perché saranno necessari pochi (speriamo) mesi, come funzionano i materiali, cosa accadrà alle aree sotto al viadotto, insomma, non dovranno esserci ombre, oltre a quelle dei piloni. Sugli stessi autobus o alle stesse file dei supermercati ci sono persone che affermano che sul nuovo viadotto non passeranno mai. “Costruire un ponte in 9, 12,15 mesi? Ci passino loro!”. Li avete sentiti anche voi questi discorsi, vero?

Noi, ad esempio, vogliamo passarci sopra presto, molto presto, E qui entra in gioco l’altra questione: i tempi. Salini Impregilo ha fornito un progetto di massima che prevede 12 mesi di lavori h24, 7 giorni su 7. Tenendo conto delle possibili incognite meteo e di tutte le altre incognite che dipendono invece da fattori umani (gare, appalti, difficoltà tecniche, implicazioni processuali, antimafia, politica) la deadline auspicata da Marco Bucci per la fine del 2019 non è semplice da rispettare. Così come quella del 31 marzo, per l’inizio dei lavori.

Però mettiamo le cose in chiaro. Chi se ne frega, passateci il termine, del Natale 2019 o del 31 marzo. Fate più in fretta possibile, compatibilmente con le incognite che la realtà interporrà tra oggi e l’inaugurazione del ponte, e andrà bene anche una data più in là nel tempo. L’importante è che sia un lavoro ben fatto. Che sia trasparente e condiviso. Che non sia un qualcosa “all’italiana”, senza inizio e senza fine, al risparmio e con approssimazione. Chi ha detto che con il ponte è tutto il Paese che si gioca una reputazione, ha detto bene. Da domani, o da quando inizieranno i lavori, di demolizione e poi di ricostruzione, vogliamo avere il diritto di essere tutti un po’ pensionati ai margini dei cantieri – metaforicamente parlando – ma bene informati sui fatti e ottimisti per il futuro.

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