Genova. Parte dall’analisi delle telecamere intorno all’edificio di via San Quirico l’indagine della Digos per risalire agli autori dell’attentato incendiario che nella notte tra il 23 e il 24 dicembre ha avuto come bersaglio un magazzino dell’istituto italiano di tecnologia, nello stabile distaccato di via San Quirico che ospita da pochissimo i laboratori di robotica avanzata.
Sembra evidente tuttavia che chi ha agito sapesse come muoversi. Gli autori sono entrati da accesso secondario e hanno dato fuoco ad alcuni pallets sapendo probabilmente che l’edificio è meno coperto dalle telecamere rispetto al quartier generale che si trova a poca distanza: ”La vigilanza H24 alla receptions e la sicurezza privata in macchina non sono stati un buon deterrente; eravamo decisi ad attaccarvi e lo abbiamo fatto” scrivono gli anarchici del Fai Fri (Federazione anarchica informale – gruppo rivoluzionario internazionale) nella rivendicazione che è comparsa a poche ore dall’attentato.
E anche questo è un elemento che fa riflettere. Normalmente le rivendicazioni di questo tipo arrivano con alcuni giorni di ritardo rispetto all’azione. In questo caso invece, il lungo e dettagliato documento è comparso sul sito anarhija.info a poche ore dai fatti, segno – spiegano gli investigatori – che l’azione era preparata nei minimi dettagli.
Nella rivendicazione l’Iit viene fra l’altro accusato di essere “al servizio del capitale e dello stato di polizia” e impegnato “nella realizzazione di sistemi di “computer vision” per sistemi utili all’identificazione e al controllo sociale”. Già considerato obiettivo sensibile dalla digos, la vigilanza intorno all’istituto è stata potenziata su decisione del prefetto e del questore. Il fascicolo su quanto accaduto è stato depositato in Procura dove sarà assegnato al pm del pool antiterrorismo.