Genova. Per la prima volta a Genova, dopo le agitazioni di Milano e Pavia, i lavoratori e le lavoratrici di Elpe incrociano le braccia, scioperando contro le vessatorie condizioni di lavoro (e di contratto) cui sono obbligati.
L’agitazione ha avuto luogo questo pomeriggio presso il Carrefour di via Canevari: sono circa 40 i lavoratori in stato di agitazione, su circa una sessantina della categoria presenti in città. Lo sciopero segue il preludio dello scorso 8 dicembre, quando una trentina di operai si sono rifiutati di andare a lavorare, seguendo tutte le procedure del caso, e ricevendo “minacce e vessazioni”.
“Siamo i lavoratori e le lavoratrici che ogni santa sera lavorano dentro i punti vendita di Carrefour, Basko ed Ekom, sparsi per tutta Genova, caricando e riempiendo quegli scaffali e quelle corsie dove tutti ogni giorno fanno la spesa – scrivono nel volantino -Il sistema di appalto alle cooperative é funzionale per abbassare i salari, sfruttare in maniera più intensiva noi lavoratori, chiedere disponibilità a ogni ora del giorno e della notte, senza che nessuno possa ribellarsi e opporsi, pena il taglio delle ore o il licenziamento”.
Al centro della protesta i salari e la gestione stesse dei contratti di lavoro, che non sarebbero allineati con i contratti nazionali del settore, ovviamente in peggio: “Per anni abbiamo lavorato, spaccandoci ogni giorno la schiena per salari da fame che a stento raggiungono i 700/800 euro al mese, buste paga irregolari, mancata applicazione del contratto nazionale, obbligo ai doppi turni, agli spostamenti da un supermercato all’altro, al lavoro domenicale e festivo (non pagato con le maggiorazioni dovute!), obbligo di osservare medie produttive sempre più alte, impossibilità di programmarsi del tempo libero, impossibilità per molti di godere delle ferie durante quasi tutto l’anno”.
I contratti stessi sono “sbagliati”: “Siamo contrattualizzati come ‘multiservizi’, che hanno un salrio più basso – affermano – mentre dovremmo essere inquadrati come magazzinieri, con il contratto e la retribuzione prevista dalla categoria”
Per questi motivi hanno deciso di dire “Basta” e organizzarsi sindacalmente (nel S.i. Cobas), invocando i diritti dovuti: “Rivendichiamo l’applicazione del contratto nazionale, pagamento regolare del lavoro notturno, festivo e supplementare. Rivendichiamo la possibilità di programmazione dei turni e delle ferie, la possibilità di godere dei permessi, il diritto di scelta di lavorare o meno durante le festività, il diritto a un salario dignitoso e al potersi programmare la vita fuori dal lavoro”.
Salario e dignità, quindi, per una agitazione che potrebbe essere la prima di una lunga serie, se le cose non dovessero andare nel verso giusto: “In questa battaglia chiediamo la solidarietà di tutto il personale diretto dei supermercati, anche loro vessati dalle pessime condizioni di lavoro nel settore – concludono – come alle migliaia di clienti che ogni giorno affollano i punti vendita di questi grandi gruppi. Aiutateci a dare voce alla nostra lotta”.
In questi mesi più volte il governo ha parlato di ridurre le aperture delle grandi distribuzioni nei giorni festivi, senza però arrivare mai al dunque. Dal punto di vista dei lavoratori, però, questo è un approccio che “aggredisce” la tematica dal lato sbagliato: “Noi chiediamo di poter scegliere, di avere la libertà di lavorare quando ne abbiamo bisogno, con però i giusti livelli retributivi. Vogliamo lavorare, non vogliamo essere sfruttati”.
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