Genova. Stamattina, commentando l’ipotesi di un maxi emendamento al decreto Genova con 300 milioni destinati alla città, il governatore Giovanni Toti aveva invitato a essere “prudenti e pazienti” e la sua affermazione, apparsa lì per lì quasi un po’ criptica, portava invece già dentro i semi di una preoccupazione che avrebbe attraversato tutta la giornata di oggi. Perché la notizia del giorno non è l’entità delle risorse aggiuntive quanto il fatto che la copertura del decreto urgenze sia legata direttamente alla manovra fiscale.
Inoltre in base alle affermazioni del viceministro Edoardo Rixi sembrava che i fondi aggiuntivi previsti dall’emendamento del governo non arrivassero a 300 milioni, ma si fermassero 120: 30 sulla cassa integrazione in deroga, 80 per le imprese e una decina di milioni per situazioni più specifiche, come il supporto ai alle partite iva, alle quali sarà corrisposta un’indennità intorno ai 15 mila euro.
Il Pd, per voce della vice capogruppo alla Camera Chiara Gribaudo, ha attaccato il governo parlando di una “città tradita dalla discussione sul decreto”. Durante il question time in Senato, però, il ministro Danilo Toninelli ha chiarito che le risorse aggiuntive per il decreto Genova, sarebbero state raggiunte attraverso 80 milioni con le modifiche al decreto e altri 250 milioni da inserire nella legge di bilancio.
Gli emendamenti al decreto annunciati dal governo saranno votati lunedì e il provvedimento ha tempo fino al 27 novembre per essere convertito in legge. I ritardi non preoccupano particolarmente le istituzioni locali e tutti i soggetti interessati dagli aiuti. Ma il fatto che le comunicazioni di ministro e viceministro non siano univiche sì, e il fatto stesso che la sorte del sostegno all’economia genovese sia legata a un testo molto discusso come la manovra fiscale (avete presente la polemica delle manine?), stanno mettendo in allerta la comunità.
Genova, nelle scorse settimane, ha già sopportato i ritardi per la pubblicazione del decreto in gazzetta ufficiale, per non parlare del valzer intorno al nome del commissario alla ricostruzione, per partorire infine un decreto che ha avuto il (de)merito di scontentare tutti.