Genova. Dopo le accuse riportate anche dalla stampa nazionale sul progetto di “retrofitting” che secondo alcuni era inadeguato e “sbagliato”, Autostrade per l’Italia difende il suo operato ribadendo la validità dello studio preliminare all’intervento che sarebbe dovuto iniziare in questi mesi.
I termini più contestati sono quelli legati alla definizione di intervento locale, cioè circoscritto ad una parte della struttura, senza quindi disporne la chiusura: “La decisione è stata assunta nel rigoroso rispetto del Decreto Ministeriale 14 gennaio 2008. Tale decreto disciplina in via esclusiva “i criteri generali per la valutazione della sicurezza e per la progettazione, l’esecuzione e il collaudo degli interventi sulle costruzioni esistenti”.
Il Decreto classifica come locali gli interventi che “riguarderanno singole parti e/o elementi della struttura e interesseranno porzioni limitate della costruzione”, non producendo “sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme” e comportando “un miglioramento delle condizioni di sicurezza preesistenti”. “In questa previsione rientrava pienamente il progetto di retrofitting del Ponte Morandi, che interveniva soltanto sugli stralli e riguardava due pile – la 9 e la 10 – su un totale di 11 pile del Ponte, pari a meno di 200 metri rispetto ad una lunghezza complessiva del ponte di 1.102 metri”.
Secondo Aspi l’interpretazione dell’intervento come locale “è stata condivisa da tutte le istituzioni che hanno approvato il progetto, dal Provveditorato al Ministero. Il progetto definitivo è stato inoltre validato dalla società Edin del Prof. Brancaleoni, “condividendone le assunzioni di base a carattere normativo e le modalità di analisi”. Alle riunioni del Comitato Tecnico Amministrativo partecipavano anche tecnici di Comune, Regione, Città Metropolitana, Prefettura e Sovrintendenza.
“E’ utile infine ricordare anche che nello stesso progetto di retrofitting del Ponte Morandi erano chiaramente riportati i risultati dei monitoraggi tecnici, eseguiti anche da consulenti esterni, sullo stato di efficienza degli stralli. Tali risultati erano dunque conosciuti da parte di Ministero, Provveditorato e consulenti esterni, nessuno dei quali – insieme alle strutture tecniche della società – ha mai ritenuto ci fossero motivi di allarme o di urgenza”.