Crisi nella crisi

Campi, il grido disperato dei lavoratori: “Riaprite corso Perrone”. La vita impossibile di 8 mila pendolari della Valpolcevera

Il tratto di strada potrebbe migliorare la vita di molte persone

corso perroni chiusa campi

Genova. La crisi nella crisi, che non è solo economica ma anche esistenziale: tutti i giorni passare ore in macchina per andare a lavorare e per poi tornare a casa.

Questa la situazione di centinaia di persone che quotidianamente attraversano, o per lo meno ci provano, la Valpolcevera divisa in due dal ponte considerato pericolante, per raggiungere il posto di lavoro. Parliamo di Campi, la ormai ex locomotiva commerciale del ponente genovese, tra le più colpite dall’emergenza viabilità che ha colpito Genova a seguito del crollo.

Crollo al quale si è aggiunta uno stallo dettato da rigide esigenze di sicurezza, che però sono amplificate dalle “questioni burocratiche”, legate alle perizie e alle indagini.

corso perrone campi

“Aprite corso Perrone subito – scrivono i lavoratori del comitato CampiVive – è difficile capire perché a pochi metri dal passaggi tra le pile 3 e 4 della strada pubblica passano ogni giorno sotto il viadotto decine di altri lavoratori di Amiu e altre aziende, soggetti che forse possono essere definiti ‘morituri’?”.

Secondo alcuni periti, infatti, il moncone ovest non dovrebbe essere pericoloso, ma ad oggi impedisce il passaggio a centinaia di lavoratori (sono 8 mila quelli che ogni giorno raggiungono l’area di Campi) costretti a trovare vie alternative tra Borzoli, Fegino e Coronata, portando ai cittadini di questi territori traffico e inquinamento.

La lettera aperta è stata indirizzata al procuratore Cozzi, per chiedere chiarezza: “Alcuni ingegneri hanno definito il moncone intatto – sottolineano – e quindi non capiamo il perchè obbligare i lavoratori a fare percorso incredibili per raggiungere le aziende dell’area”.

Una situazione, ogni giorno sempre più drammatica, che si aggiunge alla precarietà lavorativa di un’area che sta subendo un forte ridimensionamento dei profitti, con conseguente rischio concreto di perdita di posti di lavoro. E sarebbero in tanti a rischiare. Forse, c’è una via d’uscita: se si continua così molti non si dovranno più spostare, perché non avranno più un posto di lavoro da raggiungere.

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