Genova. Sapevano del rischio che correva il ponte Morandi, crollato alle 11.36 del 14 agosto uccidendo 43 persone, e non hanno agito per evitare la tragedia.
La procura di Genova, dopo un lavoro impegnativo e difficile di analisi delle carte e degli organigrammi societari, a di audizione dei testimoni (attività svolte dalla guardia di finanza e dalla squadra mobile) a tre settimane dal crollo del viadotto della A10 e con una città e una Regione ferite e spezzate in due, ha iscritto 20 nomi nel registro degli indagati.
Anche società Autostrade è stata iscritta per responsabilità amministrativa come previsto dalla legge 231. Le accuse sono disastro colposo, omicidio colposo stradale plurimo e omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche.
“Quella dell’omicidio stradale – ha spiegato il procuratore capo Francesco Cozzi – è un’ipotesi di lavoro in una fase iniziale di indagini, ed è basata sull’assunto che la sicurezza stradale non comprende soltanto il rispetto dei comportamenti che prescrive il codice della strada nella circolazione stradale ma anche il rispetto delle regole di sicurezza delle infrastrutture su cui i conducenti viaggiano”.
L’accelerazione è arrivata negli ultimi giorni dopo che la guardia di finanza, coordinata dai sostituti procuratori Walter Cotugno e Massimo Terrile e dal procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio, ha depositato la lista di persone che hanno avuto un ruolo nella manutenzione del viadotto.
Nell’elenco, tra gli altri, ci sono i nomi dell’amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci, del direttore operativo centrale Paolo Berti, e quello delle manutenzioni Michele Donferri Mitelli. Ancora, finiti nel mirino della guardia di finanza ci sono il direttore del Primo Tronco Stefano Marigliani, il responsabile del progetto di retrofitting Paolo Strazzullo, Mario Bergamo ex direttore delle manutenzioni di autostrade che per primo nel 2015 disse che era necessario intervenire sul Morandi, Riccardo Rigacci e Mauro Meliani, dirigenti del primo tronco.
Per il Mit figurano nell’elenco il direttore della direzione generale per la vigilanza Vincenzo Cinelli e Mauro Coletta, ex direttore prima di Cinelli e i funzionari Giovanni Proietti e Bruno Santoro; il capo ufficio ispettivo territoriale Carmine Testa, il provveditore delle Opere pubbliche di Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta Roberto Ferrazza e il dirigente del provveditorato Salvatore Bonaccorso.
Inoltre, secondo quanto si apprende in Procura, è indagato anche Antonio Brencich, come Mario Servetto. Brencich, Servetto e Ferrazza erano nel comitato tecnico del Provveditorato delle opere pubbliche che a febbraio diede parere positivo al progetto di retrofitting del viadotto presentato da Autostrade.
I segnali delle pessime condizioni del ponte erano arrivati già nel 2015 dopo una serie di studi preliminari che segnalavano che le pile 9 e 10 non erano “in forma”.
Autostrade aveva a quel punto commissionato uno studio al Cesi e nel 2017 al politecnico di Milano. In entrambe le relazioni era emersa la necessità di monitorare la struttura, con il suggerimento di progettare un sistema di sensori per vigilare sulle condizioni del Morandi.
Solo alla fine del 2017 viene presentato però il progetto al Mit: a febbraio 2018 il comitato tecnico dà l’ok anche se rileva come i tiranti siano corrosi del 20% e il metodo usato abbia un margine di errore dell’80%.
Nonostante questo tuttavia nessuno si è assunto la responsabilità di chiudere al traffico o quantomeno alleggerire la viabilità sul ponte di Genova e al ministero sono trascorsi mesi prima del via libera (giugno 2018).
Solo dopo cinque lettere di Donferri Mitelli nelle quali sottolineava l’urgenza dei lavori per “aumentare la sicurezza del ponte” arriverà l’ok ai lavori che sarebbero dovuti partire a ottobre. Troppo tardi.
Gli avvisi di garanzia, che saranno notificati nelle prossime ore, si sono resi indispensabili perché la Procura ha chiesto al gip un incidente probatorio. Gli indagati potranno quindi partecipare alla perizia con un proprio avvocato e consulente tecnico e la stessa cosa potranno fare le 145 parti offese. Non è escluso – come ha spiegato oggi il procuratore Cozzi – che proprio nel corso dell’incidente probatoiro – l’elenco possa allungarsi.