L’appello

Crollo Ponte Morandi, appello al Governo:”Non dimenticate il porto di Genova”

Foto d'archivio

Genova. Migliorare il “decreto Genova” sulla parte relativa al Porto, pensando ad adeguati indennizzi per le imprese di trasporto e per i terminal, oltre a strumenti di sostegno fiscale ed economico  per Agenti e Spedizionieri e per le imprese del settore ferroviario duramente colpite. La richiesta arriva da Giampaolo Botta, direttore Generale di Spediporto che chiede al governo di occuparsi anche di quella che è la più grande industria italiane che, in un mese, ha visto un calo notevole dei traffici e che deve trovare strumenti per garantire al porto di essere competitivo quando: “Nei prossimi 24 mesi, saremo presi d’assalto dalla concorrenza”. I primi numeri, infatti, danno già un segnale di quella che è una situazione che rischia di diventare molto critica. 

“Siamo preoccupati – spiega Botta- perché i dati di questo primo mese ci dicono che il porto di Genova, a livello di volumi, è calato tra il 20 e il 28% e, a livello di tasse portuali, abbiamo avuto un decremento del 35% su scala annuale. La proiezione dei dati, quindi, è estremamente preoccupante, le aziende stanno rivedendo i propri piani industriali e stanno cercando di valutare quali interventi, eventualmente, adottare nei prossimi mesi se non dovessero arrivare dal governo quelle risposte legate alla certezza di indennizzi, alle tempistiche, alle contromisure legate alle indennità di cui tutti abbiamo bisogno”.

Tra le misure chieste dalla comunità portuale, inoltre, ci sono i temi legati al finanziamento del lavoro notturno, allo shuttling retroportuale, all’assunzione di personale di Dogana.  “Noi dobbiamo dare indennizzi alle aziende che sono i terminal, le  agenzie, gli spedizionieri e, soprattutto, gli autotrasportatori – spiega – ma  dobbiamo anche  rinforzare in maniera importante la capacità produttiva del porto. Dobbiamo avere la possibilità di assumere nuovo personale all’interno dell’Agenzia delle Dogane e in tutti gli istituti di presidio. Qui abbiamo un deficit di risorse umane che già era preoccupante e difficile da gestire prima e che, adesso, rischia di diventare deflafragrante rispetto alle esigenze che abbiamo”.

Il problema, infatti, è che da quanto trapela, il decreto Genova non contempla nessuna di queste misure. “Non c’è nulla di tutto questo all’interno del decreto legge, o meglio nella bozza che informalmente circola in questi giorni. L’elemento che preoccupa di più, a fronte di quelle che sono istanze, calate in un operatività molto complessa legate alle esigenze della merce, quindi celerità, tempi certi, economicità, è che, purtroppo, non ritroviamo nulla di tutto questo se non in minima parte. Noi non possiamo far altro che sollevare l’attenzione del governo, che fino ad oggi si è mostrato molto attento, molto capace e solerte sotto il profilo degli interventi alla popolazione agli sfollati alle vittime chiedendo che la stessa attenzione sia prestata anche sul tema porto cioè su quello che ad oggi l’industria italiana più importante  Stiamo parlando di un di una realtà industriale che conta 56000 dipendenti nell’area di Genova e 120000 nel nord Italia”. 

Anche perché, per adesso, nessuno parla di ricadute occupazionali ma: “È evidente che, se la produzione si abbassa e i costi si alzano, i conti poi fanno presto a essere fatti. Bisogna intervenire negli investimenti e, soprattutto, andare a incidere su quelli che sono i costi maggiori. Nessuno vuole andare a toccare l’occupazione – spiega Botta – chi lavora in porto è un patrimonio della collettività ma, alla fine, le aziende hanno dei conti da tenere in equilibrio.  Noi, proprio perché non vogliamo arrivare neanche soltanto immaginare prospettive di questo genere – conclude Botta – abbiamo la necessità assoluta che venga prestata attenzione oggi, ora, alle nostre necessità, per prevenire quelli che potrebbero essere dei riflessi negativi anche sul piano occupazionale”.

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