Genova. Proseguono le indagini della procura di Genova sul crollo di ponte Morandi, fascicolo ancora senza indagati quello aperto per omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato alla sicurezza dei trasporti. I pm sono entrati in possesso, tra le altre cose, di molti documenti legati al carteggio tra Autostrade, ministero dei Trasporti e provveditorato alle opere pubbliche in tema di manutenzione e monitoraggio del viadotto Polcevera.
Oggi Autostrade con una nota pubblicata anche sul proprio sito web ufficiale chiarisce alcuni punti sollevati da anticipazioni giornalistiche. Si tratta delle notizie relative alla presunta mancata decisione, da parte del cda della società, di chiudere o limitare il transito sul ponte nonostante fosse stato ravvisato un pericolo.
“Non è compito né facoltà del consiglio d’amministrazione fare una valutazione tecnica dei progetti né stabilire l’urgenza o la somma urgenza, ai sensi del Decreto Legislativo n. 50 del 2016 – scrive Autostrade nella nota – questa valutazione è un obbligo infatti dei responsabili tecnici qualificati come committenti, che in tali casi non necessitano di autorizzazione da parte del cda e e per le fattispecie di urgenza e di somma urgenza non hanno alcun limite di spesa”. “In aggiunta – si legge ancora nella nota – il direttore di tronco ha facoltà e obbligo di assumere in piena autonomia i provvedimenti sulla circolazione conseguenti a eventuali situazioni di urgenza o somma urgenza”.
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Autostrade chiarisce che invece è corretto affermare che il progetto di “retrofitting” era stato approvato dal cda della società, in quanto la spesa prevista superava i poteri delegati ai manager (circa 5 milioni di euro). “Mai negli ultimi 18 anni, dunque, il consiglio d’amministrazione di Autostrade per l’Italia ha discusso o valutato l’urgenza o la somma urgenza di progetti – si legge nel testo che di fatto scarica le eventuali colpe sui direttori di tronco, dipendenti tecnici della stessa società – attivando i provvedimenti conseguenti, non ne avrebbe ne’ il titolo ne’ la competenza. Sono stati sempre e soltanto i direttori di tronco ad avvalersi di tali procedure, circa 50 ogni anno attivate dalle 9 direzioni della rete di Autostrade per l’Italia”. Il direttore del tronco di Genova è Stefano Marigliani.
Che questa mattina, sul Corriere della Sera, risponde: “Posso intervenire sul traffico in situazioni di urgenza. Ma sul ponte Morandi non c’è mai stata una situazione d’urgenza, mai un campanello d’allarme, mai una segnalazione di pericolo dai tecnici della Spea che si occupano per noi della sorveglianza né da altri, come chi ha fatto il progetto di retrofitting”. Marigliani ha concluso affermando di non aver mai avuto “a che fare con il progetto, non ho mai visto lo studio del Politecnico e nemmeno quello del Cesi”.
Si legge ancora nella nota di Autostrade: “Per quanto riguarda infine il tema dei solleciti fatti al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dalla Direzione Maintenance ed Investimenti Esercizio nella qualità di Committente dell’opera – tema al centro dello scoop dell’Espresso, relativo a una lettera del 28 febbraio scorso – che non aveva i connotati dell’urgenza o della somma urgenza, si ricorda che questo tipo di interlocuzioni con il ministero è purtroppo una prassi necessaria per contenere i tempi di approvazione dei progetti che comunque – nonostante i solleciti – superano abbondantemente quelli previsti”. Nel solo 2018, spiega la società, si registrano infatti in media 100 giorni di ritardo, che si sommano ai 90 previsti per l’approvazione dei progetti di questa natura dalla convenzione. “Sempre nel solo 2018, sono state sollecitate dai vari committenti della società approvazioni, autorizzazioni e adempimenti da parte del Ministero per circa 70 progetti”, conclude il testo.
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