Genova. Una o più class action contro i responsabili del caos che dal 14 agosto è piombato su Genova, insieme al Ponte Morandi. Queste, secondo alcune indiscrezioni, potrebbero essere le iniziative di alcuni cittadini, che starebbero valutando diverse opzioni e cercando il team legale per portarle avanti.
Essendo ancora nel campo delle ipotesi, è difficile capire chi si vorrebbe citare in giudizio e per quale motivo, ma scorrendo la normativa che regola l’azione legale collettiva, non particolarmente in uso in Italia (a differenza di altri paesi come gli USA, dove sono state vinti cause importanti con risarcimenti stellari), si possono dedurre eventuali strade percorribili.
La disciplina che regola la class action, la legge 24 dicembre 2007, e successive modifiche, infatti, prevede una richiesta risarcitoria per quelle aziende che in qualche modo hanno creato danno o con mancanze, non applicazioni di norme, o con violazioni di legge.
La azione collettiva prevede di riunire, aggregare più soggetti per gli stessi fatti, con l’unione delle procedure: in altre parole, i tanti piccoli, contro i pochi grandi. Nel 2009 è stata introdotta l’azione collettiva anche per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi. Si può intraprendere questa azione legale se da determinate condotte o scelte derivi una lesione diretta, concreta ed attuale degli interessi dei cittadini, dalla violazione di termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo, da emanarsi obbligatoriamente entro un termine fissato da una legge o da un regolamento e dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici.
In questo caso lo stesso ente, una volta chiamato in giudizio, può chiamare a rispondere altri soggetti terzi, se considerati parte in causa, o meglio, “in colpa”. In termini di sentenza, dalla normativa non è prevista la “penalità” ma solamente il risarcimento, inteso però in senso lato, cioè comprendente il danno materiale, ma anche morale, di immagine ed esistenziale.
Prendendo tutto ciò e portandolo su Genova, beh, le ipotesi potrebbero essere tante, come tanti sono i cittadini coinvolti: con ogni evidenza i primi a poter alzare la mano sono gli sfollati, che di danno ne hanno subito tanto, e che potrebbero vedersi risarciti non a sufficienza da Autostrade, o chi per essa. Anche i cittadini di Lungomare Canepa potrebbero citare in giudizio amministrazioni e società Autostrade per l’aggravio della loro condizione di vita, soprattutto se l’ipotesi della galleria fono-assorbente, che in qualche termine è obbligatoria per legge, non venisse “raccolta” nel progetto.
Ma se si pensa in grande, e qua però grande deve essere anche il team legale, una class action potrebbe coinvolgere chi da giorni sta passando una buona parte della giornata in coda, stipata sugli autobus, lavoratori, studenti, commercianti, aziende, negozianti, cioè tutto coloro che stanno subendo un danno materiale, ma anche esistenziale e morale. Praticamente mezza città.
Nel mirino potrebbe senza dubbio finirci il responsabile, se sarà accertato, del crollo del ponte, che ha generato questo caos, ma anche, ed è tutto da verificare, enti amministrativi, che in qualche modo potrebbero risultare responsabili dell’impossibilità di movimento di migliaia di persone, con conseguente danno economico, alla salute pubblica ed esistenziale.
Insomma, potrebbe essere una via molto difficile, ma l’idea è già in circolazione, e si sa che se le idee vengono raccolte, possono diventare realtà. Nel caso sarebbe la più grande class action della storia del nostro paese: sarebbe forse questo il modo per far rialzare veramente i genovesi?
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