Catastrofe

Campi, tra fobia traffico e desertificazione. Fatturati giù del 40% e centinaia di posti di lavoro in bilico fotogallery

Le grandi catene stanno valutando "compensazioni interne", mentre i piccoli sono sul baratro

torrente sturla vegetazione e vipera

Genova. La crisi della viabilità genovese sta iniziando a presentare il conto: a poco più di 40 giorni dal crollo di Ponte Morandi tutta l’area di Campi, e in misura minore Fiumara, sta risentendo pesantemente di una riduzione massiccia del volume degli affari. E a rischio potrebbero esserci centinaia di posti di lavoro.

A subire la flessione praticamente tutti i settori commerciali e di vendita presenti nella più grande area commerciale genovese: secondo le stime dei sindacati si parla di valori compresi tra il 10 e il 40%; una situazione che vale per tutti tutti, dai grandi player ai piccoli esercizi. E tutti sono in attesa che “Roma batta un colpo” prima di prendere “decisioni importanti”.

Sì perché quello che tutti sanno e nessuno dice ufficialmente è che a rischio ci sono centinaia di posti lavoro, e se non arrivassero certezze in tempi stretti il conto potrebbe essere molto salato per la città di Genova: una delle più grandi crisi economiche della storia recente della città.

“Come si vede i parcheggi sono vuoti e le strade quasi deserte – sottolinea il dipendente di una grande catena commerciale – anche se la strada di accesso è fruibile da diverse settimane. Sicuramente da ponente e dalla Valpolcevera restano i problemi, ma sono in molti a rinunciare a spostarsi verso Campi temendo traffico e blocco. E’ comprensibile, non ci sono certezze, e ogni giorno è una guerra, e noi ci siamo in mezzo”.

Una “fobia” che sta cambiando le abitudini di decine di migliaia di genovesi: “Dal levante a Campi la viabilità non è drammatica – spiega un lavoratore della zona – io stesso da San Fruttuoso al mattino impiego lo stesso tempo di quanto ne impiegavo prima, o poco di più, soprattutto da quando la rampa di uscita della sopraelevata è stata resa a due corsie”.

Ma l’emergenza colpisce a tutte le ore l’altra metà della città, impegnata oggi a sopravvivere, tra smog, asfalto e acciaio: “Stiamo aspettando che questo decreto fantasma ci dica cosa possiamo sperare e richiedere, intanto il tempo passa e dobbiamo fare i conti – dice una commerciante della zona – rispetto all’anno scorso siamo sotto quasi del 50%, e i due ragazzi con il contratto a termine purtroppo non potranno essere confermati. Non sappiamo nulla del nostro futuro”.

Anche alla Fiumare la crisi si sta facendo sentire: “Alcuni esercizi sono in difficoltà, altri meno – racconta una commessa di una catena internazionale – ma se prima la zona era anche ‘da pausa pranzo’ oggi giustamente le persone cercano di evitare spostamenti”.

I sindacati al momento non si sbilanciano ma l’allerta è alta: secondo Nicola Poli, della Cgil, ad oggi “non ci sono vertenze o crisi ufficialmente aperte, in attesa del decreto-fantasma del governo”. Tutta la zona dovrebbe essere inserita in quella che viene definita “zona arancione”, ma i meccanismi di aiuto per le piccole imprese potrebbero non essere sufficienti, e soprattutto tardivi.

In queste ore sono arrivate le prime avvisaglie di quella che potrebbe essere una vera catastrofe lavorativa: “le grandi catene stanno bloccando gli interinali e sono in molti a temere per lo meno compensazioni interne”, mentre i piccoli vivono alla giornata, sperando che venga fatto qualcosa per ridare ossigeno a questa grande “locomotiva commerciale”, oggi scaraventata, e abbandonata, su di un binario morto.

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