Genova. Luca non abita in una delle case sfollate, vive un po’ più a valle, in un edificio che teoricamente non sarà abbattuto neppure in caso di demolizione del ponte, ma ha una certezza. “Quel ponte deve essere smantellato al più presto”. Lo indica e dice: “Si vede che sta già pendendo leggermente a sinistra”. E forse è suggestione, ma sembra proprio che sia così.
Non a caso quest’oggi i vigili del fuoco hanno stoppato dopo pochi minuti la procedura che avrebbe concesso ai residenti, a piccoli gruppi, di rientrare per pochi istanti nelle loro case di via Porro, via Fillak e via Della Pietra, per recuperare gli oggetti di prima necessità: documenti, medicinali e poco altro.
In via Fillak, al varco attraverso il quale passano in continuazione mezzi di soccorso, dei vigili del fuoco, della protezione civile, della polizia municipale, ci sono decine di persone che sperano di poter passare. “Stiamo tribolando da ore” dice un anziano, ancora in ciabatte, da mezzogiorno di ieri. Tutti mantengono una calma quasi ascetica se si tiene conto di quanto sia critica la situazione.
Solo una ragazzi di circa 20 anni, Noemi, si lascia andare a uno sfogo nei confronti dell’assessore del municipio Caterina Patrocinio, sul posto per fornire informazioni ai cittadini. “Vergogna!” urla in lacrime. “Laggiù c’è la nostra casa! E’ da 20 anni che questa è la mia casa! Non è possibile che ci trattiate così”. Poi si calma, aiutata da alcuni conoscenti. Stasera uscirà con gli amici. “Per non pensare troppo”.
Tra i cittadini sfollati c’è Anna Grandi. “Vivo in via Porro dal 2008 – racconta – e devo ancora finire di pagare la mia casa. Il sindaco dice che se le buttano giù ce ne daranno delle altre, ma abbiamo visto cosa è successo in questo Paese negli anni, dall’Aquila in giù, speriamo bene, io dopo 30 ore non ho più la forza per piangere”.
“La ricostruzione non ci interessa, quello che ci interessa è che il sindaco, che ha affermato che ci troveranno un nuovo alloggio in caso di demolizione, si faccia dare da Autostrade un indennizzo sufficiente per farci vivere dignitosamente”. Ennio Guerci, presidente del comitato dei residenti di via Porro, si rivolge a Marco Bucci in merito all’eventualità che le abitazioni che si trovano sotto i resti del ponte Morandi ancora piedi, e quelle vicine, possano essere demolite. Ennio Guerci è abitante in via Porro dal 1960, figlio di uno dei ferrovieri per cui quelle case vennero costruite, è anche uno storico esponente dei No Gronda e continua a dire no al raddoppio autostradale. “Se fino all’altro ieri affermavamo che costruire un’infrastruttura del genere fra le case era da pazzi – afferma – oggi diciamo che è da criminali”.
A metà pomeriggio si sente miagolare. Keba, una giovane tigrata, è la prima gattina messa in salvo dai vigili del fuoco che, in queste ore, sono entrati nelle abitazioni disabitate. Ci sono alcune decine di animali, gatti certo, ma anche cani, tartarughe, pesci rossi, canarini e al momento – hanno spiegato i responsabili dei soccorsi al varco di via Fillak – la priorità è mettere in salvo loro. Il secondo step sarà il recupero dei documenti dei residenti e dei loro ospiti.
“Ho dei parenti che sono venuti a trovarmi e devono tornare in Sud America – racconta Victor Guerra, abitanti in via Porro 5 da soli due anni – ma non possono farlo”. I vigili del fuoco hanno spiegato che i primi documenti saranno recuperati domani. Impossibile per motivi di sicurezza fare entrare gli abitanti nelle loro case come si era provato a fare questa mattina. Le operazioni erano durate pochi minuti, poi le verifiche di stabilità sul pilone del viadotto rimasto in piedi hanno portato alla decisione di stoppare la procedura.
Qualcuno si chiede, inoltre, se l’ordinanza di evacuazione potrà riguardare altre abitazioni oltre agli undici civici finora interessati. Finora nessuno sa dare una risposta ufficiale a quella domanda.