Genova. Il sindaco Marco Bucci, a fine luglio, era stato chiaro: entro la fine di agosto Genova avrà il nuovo assessore alla Cultura, che prenderà il posto di Elisa Serafini, dimessasi lo scorso 19 luglio.
Ad oggi da Tursi tutto tace, e la questione sembra “addormentata”, in attesa della scadenza imposta dal primo cittadino. Sul tavolo, per il momento, non ci sono ancora nomi “ufficiali”, ma solo alcune indiscrezioni da “toto-nome”; unica eccezione Giacomo Montanari, “Mister Rolli Day”, docente e storico dell’arte attivo in ambito universitario, nome sostenuto da una raccolta firme on line sottoscritta da quasi 1200 persone del settore culturale genovese, ma non solo.
Una poltrona molto delicata per Genova, quella dell’assessorato alla Cultura, alle prese con una “ricostruzione” di identità ancora a metà strada tra un passato industriale e un presente fatto di arte, cultura, turismo ma anche lavoro, porto e servizi: “Solo l’ottica del turismo, e di un turismo di qualità, naturalmente, non può essere l’unico fattore di sviluppo, ma certamente è in quest’ottica che va sviluppata una identità cittadina, concentrando gli sforzi dell’amministrazione che devono tendere a creare un sistema virtuoso – sottolinea Montanari che ha risposto alle domande di Genova24 – Apertura e sostegno delle attività commerciali “virtuose” e qualitativamente elevate; recupero e valorizzazione sociale del centro storico e dei centri “decentrati” come Sampierdarena, Cornigliano, Nervi; progetti di una mobilità sostenibile e integrata che superi il massivo utilizzo di mezzi privati: tutto questo, che rientra sotto competenze di assessorati diversi, può essere tenuto insieme da un operato efficiente di promozione territoriale”.
Gli esempi potrebbero essere tanti: “Pensate cosa vorrebbe dire avere la possibilità, tramite la metropolitana e il sistema ferroviario di vivere un itinerario alla scoperta della città dal Medioevo ai giorni nostri, passando per la Certosa di Rivarolo, le ville cinquecentesche di Sampierdarena, via Garibaldi e i Palazzi dei Rolli, Sarzano e il Museo di Sant’Agostino e poi la Genova tra Otto e Novecento con piazza de Ferrari, Via XX settembre, la splendida piazza della Vittoria e tutta l’urbanizzazione che cinge la collina d’Albaro, sino a piazza Rossetti e allo sperimentalismo di Daneri sul modello di Le Corbusier”.
Una lettura “programmatica” delle peculiarità genovesi che il curatore scientifico dei Rolli “regala” alla città: “Sono per prima cosa davvero grato all’architetto Baccani, promotore della petizione di cui ero inizialmente persino all’oscuro, e ai quasi 1200 firmatari per la fiducia e la stima riposte in me, come persona e come professionista – aggiunge interpretando la candidatura “a sua insaputa” – Credo che dalla petizione emerga sostanzialmente un dato centrale: oggi i genovesi vedono l’assessorato alla cultura come un ruolo di primaria importanza per lo sviluppo della città e vogliono a ricoprire questo ruolo persone con grandi competenze in materia. Si ha voglia di ascoltare qualcuno che sappia di cosa parla e che – soprattutto – sia in grado di portare avanti un progetto sul territorio, in grado di cambiare le cose a breve, medio e lungo termine”.
Ma allora quali sarebbero le priorità per un assessorato così importante? Secondo il giovane storico dell’arte, classe 1984, esistono priorità tecniche “come Villa Croce, le biblioteche e gli eventi culturali” ed esigenze programmatiche “di ideazione e progettazione”. Obiettivo principale di un ipotetico “piano quinquennale” dovrebbe essere quello di rimettere in moto le attività culturali di qualità: “Tra queste la creazione di un vero Museo della Città – sottolinea – per il quale io penso da sempre all’incredibile patrimonio del Museo di Sant’Agostino come ideale punto di partenza di quest’operazione”.
“Di recente la Harvard University ha realizzato, tramite la sua sede in Italia, una campagna fotografica di tutto il patrimonio artistico genovese – continua – Ecco, partirei da qui: invitare Harvard a presentare a Genova il suo lavoro su Genova. Una grande vetrina internazionale delle ricerca, ma raccontata a tutti, magari attraverso le immagini dei luoghi che hanno fatto la storia di questa città”. Ma la priorità è la “qualità” della proposta culturale della città: equiparare pesto, Rolli, eventi ludici e artistici potrebbe essere un boomerang, perché per aumentare l’interesse per la città bisogna lavorare “sull’identità”. “Sbarcare 100.000 croceristi che si reimbarcano dopo 4 ore non porta nulla in termini di ricchezza al nostro territorio, e Dio non voglia, non mi pare il caso di replicare qui “l’effetto Venezia”.
Il 2004 sembra un secolo fa, ma Genova può considerarsi ancora una capitala della cultura? Secondo “Mister Rolli Day” la risposta è assolutamente sì, grazie al suo patrimonio unico al mondo “ma, al momento, è una capitale inconsapevole”. Il problema è quindi la “strategia”: “Se ci consideriamo capitale della cultura allora tutto deve andare in quella direzione, dai trasporti allo sviluppo economico – conclude Montanari – Questo non vuol dire che si debbano trascurare le industrie o il porto se si investe in cultura, ma che è necessaria una linea di fondo su cui armonizzare gli sforzi, per poter essere efficaci in tempi non biblici. Credo, personalmente, che storia industriale della città e la vicenda del suo porto potrebbero anzi, essere eccezionali motori di promozione culturale”.
Dal punto di vista della creazione di posti di lavoro, il settore culturale potrebbe inoltre diventare un serbatoio di competenze e professionalità: “Lo sviluppo della città passa anche dal valore dato alle competenze dei giovani qualificati: un impegno sostanziale va speso nel rinnovamento del personale di musei e biblioteche civiche, perché tornino ad essere luoghi di formazione per la città e i cittadini”.
E su questo Giacomo Montanari può “vantare” la sua esperienza diretta: “L’esperimento è stato fatto durante i Rolli Days: ogni edizione, una quarantina di giovani professionisti della cultura, selezionati e retribuiti, accolgono i visitatori nel sito UNESCO. Per ora è un esperimento episodico, ma azioni del genere devono diventare sistematiche e strutturali per mettere in luce l’importanza che la professionalità ha nella valorizzazione dei nostri beni culturali. Una professionalità che deve avere uno sbocco lavorativo dignitoso, a partire dal territorio”.