Genova. “Io non dirò grazie proprio a nessuno, ma chi devo ringraziare? Gli unici che dobbiamo ringraziare sono le persone che ci stanno aiutando a recuperare almeno qualche pezzo della nostra vita”. Uno sfollato di via Porro, che preferisce restare anonimo, ha appena ritirato il suo numero per andare a parlare con i funzionari del Comune e con quelli di Autostrade agli sportelli aperti nelle ultime ore, uno al centro civico Buranello, l’altro in via Gaz, a Certosa.
Al “punto di contatto”, così è stato definito in un comunicato stampa di Società Autostrade il banchetto al piano terra della scuola Caffaro, è un uomo, probabilmente esperto di gestione di problematiche da front desk, affiancato da un tecnico comunale. “Sono gentilissimi, va detto – dice Franca Placanica – ci hanno mostrato alcuni moduli da riempire se vogliamo avere un primo contributo economico ma per ora non firmiamo niente”.
Niente rabbia, almeno, non manifestata – grande calma e dignità come dal primo giorno dopo il disastro – ma tanta diffidenza. Domani sera, giovedì 23, alle 18 nel chiostro della chiesa di San Bartolomeo della Certosa, ci sarà un’assemblea degli sfollati di via Porro per fare il punto, e anche per valutare l’offerta di Autostrade. “Ci hanno spiegato che si tratta di un fondo perduto che non andrà a influire gli eventuali risarcimenti danni che saranno valutati dopo, con l’inchiesta – continua la signora Franca, sua madre è una della sfollate – ma prima di accettare preferiamo consultare l’avvocato che sarà a disposizione del comitato”.
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Sul varco nord sulla zona rossa, in via Fillak, c’è un silenzio a cui il quartiere non è abituato. Non passano auto, naturalmente, e le operazioni di accompagnamento alle abitazioni, per recuperare oggetti personali necessari, o anche solo ricordi, sono ancora una volta sospese per ragioni di sicurezza. Ci si chiede quando e come i palazzi e il ponte ancora in piedi saranno abbattuti. Questa è la grande incognita delle ultime ore.
Milena Borrini, numero 48 nella graduatoria dell’assegnazione dei nuovi alloggi – “Sono ben messa perché mia madre è molto malata”, dice – ha un trolley con sé. “Anche io sono andata a parlare con Autostrade per capire un po’, ma aspetto a decidere”. Poi ci fa leggere un messaggio arrivato sul gruppo whatsapp degli sfollati. “Vede, dicono di non preoccuparci se nelle prossime ore sentiremo dei rumori forti, perché iniziano a smantellare alcune parti pericolanti”.
L’operosità dei volontari e degli operatori presenti alla cittadella sotto l’altro ponte, quello della ferrovia, è incessante. Lavorano fianco a fianco Anpi e Cavalieri della croce di Malta, psicologi della Croce rossa e il Comitato liberi cittadini di Certosa, la Protezione civile, gli scout e i vigili del fuoco. Le problematiche piccole e gigantesche – comprare il cibo per i pesci o trovarsi un nuovo alloggio temporaneo, perché “la zia non può più ospitarci” – si possono orecchiare tra un gazebo dove vengono distribuite crostatine e focaccia e un altro adibito ad area fumatori. Fa un caldo mortale.
In tutto ciò il ponte è a poche centinaia di metri. Incombente e perennemente, per ora, su uno sfondo di un azzurro violento. Yvonne Velize, inquilina di via Porro 5, ha ancora le lacrime agli occhi e ripete. “Io l’ho sentito mentre cadeva”. Ci mostra la sua t-shirt gialla. “Vorrei andare a casa a prendere i miei vestiti, questa è di mia nipote ma non posso andare avanti così”. Anche lei ha parlato con l'”omino di Autostrade”. “Non ce la prendiamo mica con loro – afferma – sono le ultime ruote del carro, i responsabili sono altrove, però qualche dubbio lo abbiamo”. “O hanno la coscienza sporca – commenta ancora Franca Placanica – oppure sono davvero intenzionati a pagare e aiutare”. Magari tutte e tue le cose? “Magari, sì”.