Genova. Ci sono alcune certezze sull’inchiesta della Procura di Genova per il crollo di ponte Morandi. Non ci sono ancora indagati, ma quando ci saranno la lista dei nomi degli iscritti potrebbe essere molto lunga. Lunghi – ed è l’altra certezza – saranno i tempi delle indagini, perché non è facile districarsi tra tonnellate di macerie e rottami (che in queste ore sono stoccate in un’area vigilata dalla polizia a Bolzaneto). L’ultima certezza è che, in qualche modo, la pericolosità del ponte era stata segnalata, in forme diverse e probabilmente con terminologie burocratiche che avevano permesso, a chi avrebbe dovuto farlo, di non chiudere il viadotto o di limitare il traffico. Vediamo come.
Ieri la guardia di finanza, su incarico della procura, ha acquisito dei documenti che certificano un dialogo tra ministero dei Trasporti e Autostrade. Il tema è uno studio sulla stabilità degli stralli, i tiranti. Lo studio era propedeutico al progetto di ristrutturazione che Autostrade avrebbe dovuto far partire in autunno – era già stata fatta partire una gara a chiamata per 20 milioni – e diceva, in sostanza, che lo stato di salute dei viadotto stava peggiorando, nonostante gli interventi di manutenzione. Secondo il Mit quello studio sottovalutava lo stato di pericolosità
Un altro documento che sarà utile all’inchiesta – oltre agli atti di concessione da governo ad Autostrade – è il verbale di una riunione tra Infrastrutture, direzione generale di vigilanza, Provveditorato opere pubbliche e società di gestione che dimostra come fin da febbraio 2018 la gravità della corrosione fosse nota. Il documento, reso noto da un’inchiesta dell’Espresso, è firmato da Roberto Ferrazza e Antonio Brencich, ora nominati presidente e membro esperto della commissione d’indagine del governo che indaga sulle condizioni del viadotto (e sulla stabilità dei monconi) parallelamente agli inquirenti.
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Il procuratore di Genova Francesco Cozzi, inoltre, ha lanciato una sorta di appello a chiunque avesse in mano testimonianze video del disastro. Oltre ai filmati di autostrade, delle telecamere del Comune e della Guardia di finanza, saranno acquisiti altri video amatoriali, ma vista la scarsa qualità di tutte le immagini a disposizione, si cercherà ancora.
Per comprendere la causa del crollo del ponte Morandi “non ci sono dei tempi, se non quelli conseguenti alla continuità e alla completezza degli accertamenti”, ha detto Cozzi, coordinatore delle indagini, questa mattina a Radio 1. “Tutto quello che può essere fatto, viene fatto, tra l’altro con difficoltà non indifferenti perché bisogna rendere compatibile il compito con quello della sicurezza, come il pericolo di altri crolli, la necessita’ di rimuovere i detriti dal torrente Polcevera o dalla ferrovia e di rendere le indagini compatibili anche con le esigenza di ripresa della vita quotidiana”.
La procura indaga, lo ricordiamo, per omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato alla sicurezza stradale.