Genova. La sentenza della Cassazione nelle cui motivazioni, pubblicate ieri, viene spiegato perché il pm di Genova può continuare a sequestrare i soldi della Lega ovunque li troverà in futuro per arrivare alla somma di 49 milioni di euro, non chiude affatto il braccio di ferro tra il partito di Matteo Salvini e i magistrati genovesi.
Perché la guardia di finanza possa ripartire con i sequestri e/o con i blocchi di conti e libretti, occorre anzitutto che il tribunale del Riesame co una nuova ordinanza si conformi al principio di diritto sancito dai giudici di piazza Cavour. E ci vorrà probabilmente qualche mese. Dopo di ché gli avvocati del Carroccio potranno nuovamente presentare un ricorso in Cassazione contro quel provvedimento.
Certo, se le questioni sollevate fossero le medesime andrebbero quasi certamente incontro a un non accoglimento del ricorso stesso, ma se portassero argomentazioni giuridiche nuove invece gli alti giudici dovrebbero esaminarle. Un esempio? Gli avvocati della Lega potrebbero far leva sul fatto che la Lega di Salvini è un soggetto giuridico neocostituito e che quindi nulla ha a che vedere con la ‘vecchia’ Lega Nord fondata da Umberto Bossi. Questo per dire prima che la guardia di finanza possa davvero mettere le mani sui soldi di quello che sembra essere diventato oggi il primo partito di Governo occorrerà parecchi tempo.
Al partito di Matteo Salvini sono stati bloccati fino a oggi 1 milione e mezzo di euro. I 49 milioni di cui si parla sono quelli che la Lega ha sottratto durante la gestione Bossi-Belsito secondo una sentenza che ha condannato il fondatore e l’ex tesoriere del Carroccio rispettivamente a 2 anni e mezzo e 4 anni e 10 mesi per truffa ai danni dello Stato sui rimborsi elettorali.
“49 milioni non ci sono. Posso fare una colletta – aveva detto ieri sera Matteo Salvini a In onda – E’ un processo politico su fatti di più dieci anni fa su soldi che non ho mai visto. Posso portare i soldi datici dai pensionati a Pontida per comprare magliette, cappellini e patatine fritte”.