Polemica

Verso il 30 giugno, Anpi su Garassino e le zecche: “Non temiamo insulti, ma il sindaco Bucci deve intervenire”

Una lettera aperta all'indirizzo dell'assessore alla Sicurezza dopo le dure parole riferite ad alcuni esponenti della rete antifascista

stefano garassino

Genova. Nel giorno dell’assemblea antifascista in piazza De Ferrari e a pochi giorni dal corteo del 30 giugno, anche Anpi – che a queste manifestazioni partecipa e aderisce – interviene sul caso delle parole dell’assessore leghista Stefano Garassino che, in Comune, ha utilizzato il termine “zecche” per indicare alcuni esponenti della rete antifascista genovese. Ecco il testo integrale della lettera di Anpi.

Le parole sono pietre, scriveva Carlo Levi. Le parole dell’ assessore del Comune di Genova, il leghista Stefano Garassino, sembrano volerle lanciare, quelle pietre. Forse augurandosi che qualcuno faccia altrettanto contro obiettivi che possano permettergli di insultare come violenti e pericolosi tutti gli antifascisti e tutti i democratici, a partire dall’Anpi e dalla Cgil, che sabato 30 giugno saranno in piazza a ricordare che, piaccia o meno a Garassino, Genova è antifascista, nell’espressione più vasta possibile: contro i razzismi, le intolleranze, contro il continuo solleticare paure e lasciare porte aperte a chi crede che ora sia tutto permesso, anche parlare a sproposito.

Ancora una volta, è il consigliere Gambino, quello che con la fascia tricolore è andato a omaggiare i caduti della Rsi accompagnato dai militanti di Lealtà e Azione al cimitero di Staglieno, a sollevare il caso, chiedendo in consiglio comunale informazioni sull’azione notturna della cosiddetta “Carovana antifascista” che ha lasciato scritte in vari punti della città. Stefano Garassino, che sembrava non aspettare altro che dare voce alle sue espressioni più volgari, ha ribadito prontamente che “La polizia locale ha acquisito le immagini e le ha girate alla Digos che sta cercando di individuare persone e targhe di auto e motorini, non ci saranno sconti per quelle che si definiscono zecche».

“Zecche” lo dicevano anche i poliziotti violenti del G8 ai manifestanti ostaggio della caserma di Bolzaneto; “Zecche” è l’insulto nato contro tutta la sinistra e gli antifascisti negli ambienti dell’estrema destra romana. Garassino, non contento, ha sfidato la Cgil invitandola ad «espellere dalla manifestazione questi soggetti» mentre Gambino rincarava auspicando la chiusura dei centri sociali.

La Cgil ha giustamente ribadito a Garassino che suo dovere, come assessore alla sicurezza, sarebbe piuttosto quello di chiudere i centri delle formazioni neofasciste e che continuamente rivendicano la loro natura anticostituzionale. L’Anpi, al fianco della Cgil e di tutti i democratici – “zecche” comprese – non ha dubbi: l’antifascismo non ha bisogno di manifestazioni illegali o violente. L’antifascismo di chi non si fa mettere paura dagli insulti e dalle provocazioni, non teme certo questi uomini d’ordine da burletta o da operetta, che, il più delle volte, sembrano copiare atteggiamenti già visti nei film di Charlot, ne “Il grande dittatore” con la figura di “Napoloni” o di Totò in “Siamo uomini o caporali” dove si dice che i secondi, categoria dove stazionano certi amministratori, sono coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati li troviamo sempre a galla, spesso al posto di comando, spesso senza avere l’autorità, l’abilità o l’intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero cittadino.

Non si preoccupi, Garassino: Anpi, Cgil, tante altre associazioni e tutti i democratici che saranno in piazza sabato pomeriggio, per un corteo che si concluderà con le parole del presidente emerito di Anpi Carlo Smuraglia, sanno bene che i provocatori non devono entrare nei cortei. Ma i provocatori non hanno bandiere, hanno volti coperti: come è accaduto nei giorni del G8, alla scuola Diaz e prima ancora quando mettevano le bombe sui treni, nelle stazioni, come a Bologna o nelle piazze, come a Brescia.

Ma è, ancora una volta, sconcertante il silenzio assordante del sindaco Bucci. Certo, è all’estero per dire che Genova è meravigliosa: si ricordi che non c’è nulla di meraviglioso in una città nella quale un esponente della sua giunta insulta e provoca quelli che ritiene suoi avversari politici: non è forse un gesto divisivo, questo? Il sindaco Bucci deve spiegarsi e, soprattutto, richiamare Garassino: a capo di una città si devono rappresentare tutti i cittadini, non insultarli. Sperando magari in una loro reazione.

No, assessore Garassino, non ce l’avrà questa soddisfazione. Il discorso di Sandro Pertini, alle porte del 30 giugno 1960, ebbe la capacità di accendere la rivolta. La sua patetica provocazione non suscita che noia e irritazione, come una mosca fastidiosa da allontanare. Viva Genova antifascista!

PS: le ricordiamo l’articolo 54 della nostra Carta fondamentale. “Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”. Lo impari bene, perché per ora lei è decisamente insufficiente.

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