Genova. Tutto cominciò con Genova un anno fa quando il centro sinistra perse una delle roccaforti storiche per mano del centro destra e del sindaco-manager Marco Bucci. O forse cominciò con la Liguria nel 2015 e la sconfitta di Raffaella Paita che aveva qualche mese prima spaccato il partito in due. Il punto di arrivo, dopo la débacle del 4 marzo, sono stati i ballottaggi alle amministrative di ieri che hanno il sapore della pietra tombale per il partito democratico, che potrebbe nei prossimi mesi diventerà altro. Cosa, al momento, non si sa.
Se a livello nazionale le dichiarazioni si sprecano per trovare la formula della ripartenza, dal ‘campo riformista’ al ‘fronte repubblicano’, a Genova dove la pillola amara della sconfitta è ormai digerita da un po’ i commenti si estrapolano con un po’ più di fatica e al di là degli equilibrismi di chi riveste un ruolo ufficiale sono in realtà spesso più sinceramente sofferti. Così il segretario regionale Vito Vattuone commentando la sconfitta di Alessio Cavarra a Sarzana parla della necessità di un percorso futuro con “obiettivi, proposte e progetti concreti” che coinvolgano “la società, comprendendo esigenze e paure e dando risposte concrete ed alternative a quelle essenzialmente propagandistiche” e si mantiene in un delicatissimo equilibrio parlando della necessita di “una grande capacità di aggregazione del centrosinistra, partendo delle esperienze civiche e da tutti quei soggetti politici che sono radicati sul territorio e allargando la partecipazione a tutti coloro che sono disponibili a creare una alternativa riformista”.
Così a livello provinciale il segretario del Pd Alberto Pandolfo dice che “il Pd ha ancora senso di esistere”, ma deve “mettere in discussione tutto”. Per il giovane segretario genovese, che ricorda tuttavia la vittoria non scontata di Camogli oltre a quella di Sestri levante, “se è vero che nel partito su certi temi ci sono differenze anche importanti di vedute, oggi viene messo in discussione l’ABC dei valori, prima di trovare i distinguo dobbiamo lavorare su un percorso comune”. Pandolfo sottolinea poi come “l’identità di un partito e di una comunità non la ricreiamo con slogan precotti perché la nostra gente non è fatta per questo tipo di messaggi. Occorre un lavoro paziente e di buon senso e a Genova in qualche modo lo stiamo facendo. Per questo nonostante il mio ruolo preferisco occuparmi di dare risposte ai problemi delle persone più che dell’alchimia del partito”.
Per la capogruppo del Pd a Tursi Cristina Lodi l’analisi del voto rivela che “nei comuni prevalentemente vincono i sindaci dalla cose fatte , promesse e realizzate. Abbamo avuto dimostrazione che dove i sindaci di centro sinistra hanno governato bene sono stati premiati e questo è il primo dato. Imperia dimostra la sconfitta di Toti e la frattura del centro destra che si indebolisce ed é un dato politico evidente che deve far riflettere anche il.centro sinistra. Rispetto al partito, dove si parla di un congresso dai tempi lunghi, la capogruppo non concorda: “Non sono convinta che prorogare i tempi di un congresso a fine 2019 sia scelta giusta per il PD. Il tempo per chi amministra le città sta per scadere ed é urgente una rifondazione del partito sui temi e poi sulle priorità. I territori hanno ancora le risorse umane e culturali e non dobbiamo perdere tempo prezioso”.
Chi è pronto – se mai ci si arriverà – a una vera e propria frattura è l’ex segretario del Pd Alessandro Terrile, oggi anche lui consigliere comunale: “Siamo arrivati a un tale livello di irrilevanza politica che non ha senso neppure chiedere le dimissioni di questo o quell’altro segretario. Paghiamo ancora l’arroganza renziana che ha fatto pensare di poter fare tutto da soli e che ci ha portato a una sconfitta dietro l’altra” dice Terrile che non nasconde come il Pd oggi si un partito fatto di anime e idee profondamente diverse: “Il Pd di Valentina Ghio e quello di Cavarra sono sue Pd diversissimi, per questo credo che sia necessario un congresso dove si decide la linea politica. A quel punto può anche essere legittimo che chi perde vada fuori, preferirei di no, ma a livello personale è evidente che io non ho molto da spartire con chi ha pensato di godersi con i pop corn la vittoria di Lega ed M5S perché il risultato è sotto gli occhi di tutti”.
Per Terrile, della minoranza Pd “il fronte repubblicano dell’ex ministro Calenda se è un’accozzaglia contro i cinque stelle e la Lega non ha alcun senso. L’operazione da fare è ripartire da un nuovo pensiero di sinistra, dal lavoro e dalle fasce deboli, rassicurando le persone rispetto alle paure e fornendo risposte ai problemi reali anziché cavalcarle”.