Genova. Raffica di audizioni in commissione in Regione Liguria ieri sul tema della riforma dei consultori. In via Fieschi anche le attiviste di Non Una Di Meno, una delle realtà che più si sta battendo a Genova per il mantenimento del servizio pubblico.
L’esperienza istituzionale però non è stata del tutto soddisfacente per le femministe (presenti insieme ad altre 50 persone, tra lavoratori, associazioni, utenti, ordini professionali. Molta partecipazione, poche risposte.
“Ci sono voluti più di 2 mesi dalla nostra richiesta di audizione e più di 7 dall’avvio di questo processo di riorganizzazione dei consultori per essere finalmente prese in considerazione ed ascoltate, almeno formalmente – si legge in un comunicato – In questi mesi la Giunta ha fatto il possibile per silenziare questo processo di riorganizzazione e quando, interpellata, ne ha parlato l’ha presentato come un intervento di riorganizzazione e razionalizzazione delle risorse, cercando di occultare la portata politica, sociale e culturale di questa riorganizzazione. Ma qualcosa è andato storto per la Giunta: qualcuna infatti si è accorta di cosa stava accadendo e delle conseguenze per il benessere e la salute di tutte e tutti”.
In questi mesi Non Una Di Meno ha promosso assemblee pubbliche, manifestazioni, presidi nelle piazze e davanti e consultori durante i quali, oltre a informare, sono state raccolte più di 3000 firme di genovesi che vedono con preoccupazione a questa riorganizzazione.
“Finora l’atteggiamento della Giunta e dell’assessora Viale è stato di chiusura – continuano dal movimento – l’assessore ha tenuto a farci sapere che questo processo ormai era avviato e non c’era più modo di sospenderlo per ridiscuterlo. L’assessora, inoltre, non difende la peculiarità della esperienza 40ennale dei consultori della Asl 3, parla di standard e livellamento, incurante dei diversi bisogni e risorse del territorio non rapportabili ad altre realtà locali. Però tanta voglia di omogeneità viene meno quando entra in campo il privato sociale, con servizi per la famiglia che tanto sembrano rispecchiare i consultori, pagati da un fondo europeo, finché dura. È questo il potenziamento? Viene meno la cultura laica dei consultori, in affanno perché manca il personale e appaiono interventi per la famiglia che rispondono alla politica sociale della Regione, quella che esclude le istanze lgbtqi per promuovere la famiglia tradizionale, ormai tramontata da anni e usata ideologicamente per scaricare sulle donne tutti i problemi sociali e economici amplificati dalla crisi”.
Tutte le realtà presenti ieri in audizione hanno chiesto che questo processo venga sospeso per ridiscuterlo. “Noi chiediamo che questa discussione avvenga in sede di consiglio regionale – dicono da Non Una Di Meno – vogliamo cioè che la politica recuperi il terreno perso e possa contribuire a far sì che un patrimonio di multidisciplinarietà, di promozione della salute e del benessere, di accoglienza e prossimità non venga disperso definitivamente”.
La battaglia affinché i consultori rimangano pubblici e laici, rimangano struttura complessa, abbiano accesso sia libero e gratuito, abbiano nuove assunzioni, continua. “Se questa discussione non avverrà in sede di Consiglio Regionale come auspichiamo, sicuramente la riporteremo nelle strade, nelle piazze, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, davanti ai consultori: ovunque le persone si vedono si incontrano si scambiano sapere i bisogni e si organizzano per decidere del loro futuro”, concludono le attiviste genovesi.