Genova. Continua a far discutere il manifesto anti-aborto comparso nei giorni scorsi presso la chiesa di Santa Zita, firmato dalla onlus ProVita. Dopo le dichiarazioni del sindaco sulla “libertà di espressione”, arriva la replica attraverso una lettera aperta che ne chiede, motivandola, la rimozione.
L’appello è firmato da una cordata di associazioni, coordinamenti e partiti politici, composta da Coordinamento Liguria Rainbow, Non Una di Meno Genova, Rete di Donne per la Politica, Usciamo dal silenzio, Famiglie Arcobaleno, Leftlab, CO.GE.DE., Gruppo consiliare regionale Rete a sinistra, Possibile Genova, Sinistra Italiana Genova.
“Il manifesto non difende il potere generativo delle donne, non difende il desiderio femminile di maternità – si legge nel testo della lettera – ma attacca l’autodeterminazione e offende chi nel corso accidentato della vita ha scelto che quello non era il momento giusto per essere madre”
Perché secondo le associazioni oggi “una gran parte di queste donne è in difficoltà a scegliere la maternità perché la precarietà delle vite e del lavoro, l’erosione del welfare, la riduzione dei diritti per chi il lavoro ce l’ha, l’aumento dell’età in cui ci si può permettere di affrontare questa esperienza, sono di ostacolo al desiderio di maternità di molte giovani donne”.
Il manifesto è arrivato a Genova come secondo capitolo di una campagna portata avanti da ProVita, preceduto dal manifesto, circolato in altre città italiane in cui si riportava l’aborto come “prima causa di femminicidio nel mondo”. A Roma l’amministrazione civica ha fatto rimuovere il cartellone, a Genova il sindaco si è appellato alla libertà di espressione.
“Ancora una volta ha preso la posizione sbagliata – conclude la lettera – dopo il diniego del patrocinio del Comune al Liguria Pride, dopo aver consentito la presenza di un Assessore con la fascia tricolore in rappresentanza del Comune alla commemorazione dei morti di Salò – e poi la richiesta – Chiediamo che il manifesto venga rimosso immediatamente”.
Il testo completo della lettera
In molte pagine di fb ormai girano i commenti sul megamanifesto di provita, ironici, arrabbiati, offesi, disgustati.. tantissimi a dire che non vogliamo tornare nel medioevo. Questa lettera aperta scritta a più mani e con le prime firme, dimostra che la sensibilità verso l’autodeterminazione delle donne è diffusa e radicata e che la legge 194 è ancora una legge valida, innovativa e va assolutamente difesa da tutti e tutte.
ProVita offende le donne, ma per il Sindaco Bucci non sono “offensivi e divisivi”
Anche a Genova l’associazione Provita investe il suo denaro in una campagna di forte impatto contro la legge 194, proprio a pochi giorni dal suo quarantesimo compleanno. E non cita la legge, non ne critica articoli singoli o l’impianto, ma si rivolge alle donne perché quelle che hanno usufruito della legge si sentano in colpa mentre tutti gli altri, che sono sollecitati a rispecchiarsi nel feto, le biasimino.
“Ora sei qui perché la tua mamma non ti ha abortito”, frase inoppugnabile come dire “perché la tua mamma ti ha concepito a seguito di un rapporto sessuale”, oppure “ha usufruito della PMA” (Procreazione Medicalmente Assistita): siamo tutte e tutti al mondo perché ci sono donne che hanno desiderato e deciso di portare a termine una gravidanza. Gran parte delle donne non prende nemmeno in considerazione l’opzione IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza), semplicemente sceglie di affrontare questa avventura del corpo, delle emozioni, di una fase della vita e delle nuove responsabilità che ne conseguono.
E oggi una gran parte di queste donne è in difficoltà a scegliere la maternità perché la precarietà delle vite e del lavoro, l’erosione del welfare, la riduzione dei diritti per chi il lavoro ce l’ha, l’aumento dell’età in cui ci si può permettere di affrontare questa esperienza, sono di ostacolo al desiderio di maternità di molte giovani donne.Però il manifesto non difende il potere generativo delle donne, non difende il desiderio femminile di maternità, ma attacca l’autodeterminazione e offende chi nel corso accidentato della vita ha scelto che quello non era il momento giusto per essere madre.
Se il Primo Cittadino di Genova Marco Bucci non riesce a cogliere questo significato, allora offende anche ognuno/a di noi. Un’amministrazione che ha a cuore la sicurezza dovrebbe intervenire per la sicurezza delle donne che intendono avvalersi di una legge dello Stato, perché non sia lo stigma oltre che l’obiezione a riportarle nel buio dell’aborto clandestino.
L’obiettivo di questa campagna violenta, anche se apparentemente con i guanti di velluto, non è sostenere la maternità responsabile, ma dare un giudizio negativo alle donne che interrompono una gravidanza (non importa quali che siano le cause), esporle al pubblico biasimo, farle sentire in colpa o far sentire loro che l’ambiente sociale circostante le condanna. L’esito di tutto questo sappiamo che porta all’aborto clandestino, proprio il fenomeno che la legge 194 aveva abbattuto ma che è in ripresa in questi ultimi anni: con quale sicurezza per la salute delle donne?
E qual è l’interesse per la sicurezza delle donne della stessa associazione ProVita che in altro manifesto affisso a Roma oltre ad attaccare la legge sulla maternità responsabile e sulla interruzione volontaria della gravidanza, ha avuto pure l’ardire di screditare il fenomeno del femminicidio, riconosciuto dallo Stato italiano con il Decreto-Legge 14 agosto 2013, n. 93? Su quel manifesto scrivono: “aborto prima causa di femminicidio nel mondo”.
Si permettono di farsi beffe non solo della legge che le donne hanno ottenuto dopo anni di lotte, ma anche delle vittime della violenza maschile, delle donne uccise dai loro ex mariti o partner, delle donne che hanno amato e si sono fidate di uomini violenti e incapaci di sostenere il loro diritto all’autonomia, alla libertà personale del genere femminile.
Noi quelle donne le rispettiamo. Rispettiamo le loro famiglie e in particolare i figli, che tuttora la legge non tutela e non sottrae ai padri assassini.
Signor Sindaco, non è possibile.
Ancora una volta ha preso la posizione sbagliata: dopo il diniego del patrocinio del Comune al Liguria Pride, dopo aver consentito la presenza di un Assessore con la fascia tricolore in rappresentanza del Comune alla commemorazione dei morti di Salò, dopo aver dato il patrocinio ad un convegno del Ramo d’Oro (associazione che divulga contenuti di chiara matrice fascista), dopo la sua indifferenza rispetto all’insediamento di sedi fasciste sul territorio del Comune, adesso è sua responsabilità il permanere dell’enorme manifesto voluto da ProVita, che offende le donne, non rispetta la dignità delle persone ed è lesivo del rispetto di diritti e libertà individuali, peraltro garantiti per legge.
Chiediamo che il manifesto venga rimosso immediatamente.
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