Genova. Un vero e proprio pugno nell’occhio, come una macchia (di pesto) su di un abito da sera. Questa è la sensazione che si prova uscendo dalla stazione di Nervi e imboccando la strada per raggiungere i Parchi: il primo edificio che vediamo davanti a noi è una villetta lasciata allo sfascio del tempo e delle intemperie.
Questa è Villa Oliva, la famosa “Cade degli Addams de niatri”, invidia e stupore per i passanti e che da decenni divide e fa discutere la comunità nerviese, ma non solo. Lo scempio e il degrado saranno sotto gli occhi delle migliaia di turisti e visitatori che raggiungeranno la delegazione per Euroflora.
Per questo motivo l’amministrazione comunale corre ai ripari: “Nelle prossime ore sarà installata una pannellatura alta tre metri – ci spiega l’assessore Fanghella – dove troveranno spazio tutti i vari sponsor dell’evento”. Una soluzione che toglierà dalla vista quel “pugno nell’occhio”, che parla di abbandono e trascuratezza.
La villa, famosa per il suo stile liberty e soprattutto per la sua posizione particolarmente privilegiata in Viale delle Palme, ad oggi è centro di una disputa “privata” tra cinque famiglie, che tra passaggi di eredità vari, non riescono a mettersi d’accorso su cosa fare di questa struttura, il cui valore immobiliare è senza dubbio non concorrenziale.
Qualche mese fa il sindaco Marco Bucci, in visita a Nervi, aveva parlato di possibile esproprio: “E’ certamente una possibilità che si sta valutando – ha confermato Fanghella – ma per avviare la procedura devono sussistere condizioni precise che stiamo verificando”.
Nel frattempo Villa Oliva sarà nascosta dietro a dei pannelli: una posto da sogno diventato incubo per la comunità, come una sorta di metafora, va detto, di molti altri luoghi della nostra Genova, una città che nel giro di un secolo è passata da essere città agricola e di villeggiatura a capitale industriale, per poi attraversare una fase post industriale di cui oggi ancora non se ne vede la fine. Ne sono testimoni molti altri luoghi della città che però non hanno la fortuna di essere nella “parte buona” della “çitæ“.