Genova. “È passato tanto di quel tempo che pensavo fosse tutto dimenticato e, invece, a vedere la sala piena nonostante la giornata di sole, mette un po’ di emozione”. Laura Wronowski, la partigiana Laura, nipote di Giacomo Matteotti – deputato socialista rapito e assassinato da una squadra fascista, e diventata staffetta nelle Brigate Giustizia e Libertà, intitolata proprio a Giacomo Matteotti, commenta cosi la grande partecipazione alla presentazione, a Villa Migone, dove venne firmata la resa dei tedeschi, della Banca dati del Partigianato Ligure.
“Oggi è difficile spiegare ai giovani il perché delle nostre scelte, anche perché è difficile spiegare che cosa vuol dire morire di fame o di paura a chi ha 4 pasti al giorno. Ci proviamo, ma con fatica – continua – e, qualche volta ho ancora un pizzico di nostalgia di quei tempi, perché c’era qualcosa di vero, che ora mi sembra sia affogato nel benessere”.
La Banca Dati, fortemente voluto dall’ILSREC, l’Istituto ligure per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea Raimondo Ricci, è stata realizzata da una équipe di studiosi nell’arco del triennio 2015-2018. Un’analisi minuziosa di oltre 35.000 schede biografiche di uomini e donne della Resistenza in Liguria con qualifica di partigiani, patrioti, caduti e deportati nei lager nazisti, che adesso è integralmente consultabile on line.
“Il lavoro nasce da una mancanza, quella di un censimento partigiano – spiega uno dei ricercatori, Alessio Parisi – e quindi abbiamo iniziato a studiare le schede relative alla Liguria del fondo ricompense partigiane, 35 mila documenti, scritti a mano, che erano stati elaborati dal Ministero per l’assistenza post bellica e depositate nell’archivio centrale dello stato, a Roma”.
Un lavoro che ha permesso di mettere in luce alcuni fenomeni poco conosciuti della resistenza in Liguria. “È molto interessante la partecipazione dei militari alla resistenza – prosegue Parisi – che apre alla possibilità di nuovi filoni di ricerca. Anche perché hanno giocato un ruolo fondamentale sino dal settembre del 1943. E poi la partecipazione delle donne combattenti, che ha dato un contributo attivo alla lotta partigiana”.
Tra le curiosità emerse dallo studio anche la presenza degli stranieri tra le fila dei partigiani. “Ci sono tante persone che erano residenti all’estero e che sono rientrate negli anni 30 e 40 – prosegue – ma la cosa più interessante riguarda i disertori austriaci e tedeschi, che combattevano per il Reich e sono passati tra le fila partigiane.
A Genova sono stati diversi i marinai che sono saliti in montagna ma anche tutti gli ex prigionieri dell’Unione Sovietica che, non appena hanno avuto la possibilità sono fuggiti per passare tra le fila dei partigiani. Tra loro anche storie particolari, come quella di Rudolph Hengelart, il partigiano Rudy.
“Si tratta di un militare tedesco che alla metà del 1944 diserta per unirsi a una formazione partigiana in Valle Scrivia. Rudy viene ferito in azione e curato in un ospedale partigiano di Roccheta Ligure. Una volta guarito rientra in azione e viene nuovamente ferito. Una storia che mostra l’ostinazione di un militare che non sceglie solo di disertare – conclude Parisi – ma che vuole proprio combattere il nazismo e il fascismo”.