Niente sentenza

Alluvione 2011, a sorpresa sentenza rinviata. Saranno riascoltati Mangini e Scidone

Il giudice ha optato per un supplemento di istruttoria. Saranno riascoltati testi, imputati e parti offese. Nuova udienza il 16 febbraio

Foto d'archivio

Genova. Nulla di fatto, a sorpresa la sentenza sull’alluvione 2011 non c’è. Il presidente della seconda sezione di corte d’appello Giuseppe Diomeda dopo un’ora di camera di consiglio è infatti uscito a sorpresa con un’ordinanza che dispone di fa un supplemento di istruttoria.

In particolare la corte d’appello chiede di risentire la parte offesa Andrea Mangini, il volontario che doveva controllare la situazione del Fereggiano la mattina del 4 novembre 2011. Il funzionario comunale Andrea Rimassa e l’imputato Francesco Scidone oltre a acquisire i piani operativi delle scuole comunali.

Il processo è stato aggiornato al 16 febbraio.

“La corte chiede in sostanza un approfondimento, ora cercheremo i capire meglio ma per noi si tratta comunque di una decisione positiva” commenta l’avvocato di Marta Vincenzi Stefano Savi.

Gli approfondimenti richiesti dalla Corte, ad eccezione del piano operativi delle scuole, riguardano apparentemente tutti la questione del falso. Andrea Rimassa infatti è il funzionario di protezione civile che raccontò di aver portato personalmente “a mano” nel corso di una riunione a Marta Vincenzi il verbale taroccato la sera del 9 novembre a palazzo Tursi. Rimassa aveva raccontato che nella stanza oltre alla Vincenzi, c’erano il marito e altre persone. “Lei lesse ad alta voce il verbale manifestando sorpresa e stupore – raccontò Rimassa – Io fui sorpreso dalla sua reazione perché il contenuto di quel verbale era già stato diffuso”.

Le richieste della procura.
Il procuratore generale Luigi Cavadini Lenuzza aveva chiesto la conferma della condanna a 5 anni per l’ex sindaco condannato per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, così come la conferma della condanna a quattro anni e nove mesi per l’ex assessore comunale alla protezione civile Francesco Scidone e a 4 anni e 5 mesi per il dirigente comunale Gianfranco Delponte.

Ci sono altri responsabili?
Il procuratore generale a novembre aveva chiesto inoltre la trasmissione degli atti alla procura per i dirigenti scolastici che decisero di far uscire i ragazzi dalle scuole nonostante la situazione di pericolo e che ora potrebbero ritrovarsi a loro volta indagati per disastro colposo.
Con la sentenza di primo grado, il tribunale aveva ordinato la trasmissione degli atti per l’ex capo della polizia municipale Roberto Mangiardi perché si accertasse la cooperazione colposa nell’omicidio e disastro. Il pm Luca Scorza Azzarà ha aperto un fascicolo a modello 45, per atti relativi, in attesa di capire se anche i giudici di appello ritengano la sussistenza di sue responsabilità. Sempre il tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti al pm per sei persone (tra le quali l’allora assessore Pasquale Ottonello e il vice sindaco Paolo Pissarello) per falsa testimonianza.

I fatti.
Nella tarda mattinata del 4 novembre 2011 a causa dell’esondazione del torrente Fereggiano morirono a Genova sei donne: Sphresa Djala, 28 anni, le figlie Gioia di 8 e Gianissa di un anno, di Serena Costa, 19 anni, di Angela Chiaramonte, 40 anni e di Evelina Pietranera, 50 anni. Cinque delle sei vittime erano morte dopo aver recuperato un parente a scuola visto che quel giorno, nonostante l’allerta 2, gli istituti scolastici erano aperti. Sì perché a Tursi venne deciso che chiudere le scuole poteva sollevare polemiche in città se poi non fosse accaduto niente, come era stata per l’allerta neve dell’inverno precedente.

Oltre a non chiudere le scuole quella mattina, il Coc, il centro operativo per l’emergenza del Comune di Genova, si rivelò un comitato completamente incapace di gestire l’emergenza. “Fino al 2011 la protezione civile – aveva detto il pm nella requisitoria finale di primo grado – era una tematica fortemente sottostimata, forse una grande seccatura”. “Chi doveva essere al comitato ha delegato – aveva spiegato Scorza – con il sindaco che preferisce andare a un convegno che sedere al comitato, l’assessore alla protezione civile che va in giunta, il direttore del Comune appena rientrato dalle ferie che va in giunta. Tutti hanno cose più importanti da fare che stare in protezione civile” rispetto alla quale emerge un quadro di “sciatteria” e “approssimazione”

Disastrosa anche la tempistica di chiusura delle strade, per questo il giudice Adriana Petri aveva ravvisato una necessità di approfondire le responsabilità dell’ex comandante dei vigili.

E dopo quella mattina, dopo la tragedia e i sei morti, qualcuno (che per il giudice di primo grado sono l’ex sindaco Marta Vincenzi, il dirigente Dalponte e l’ex assessore alla Protezione civile Francesco Scidone) aveva taroccato il verbale di quanto accaduto, quello che verrà consegnato alla procura di Genova ‘anticipando’ di oltre 30 minuti il momento dell’esondazione, per accreditare la tesi che l’alluvione sia stata una bomba d’acqua, un evento improvviso contro cui nulla si sarebbe potuto fare.

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