Questa mattina

Alluvione 2011, attesa per la sentenza di appello. Chiesta la conferma dei 5 anni di condanna per la Vincenzi

Il procuratore generale Luigi Cavadini Lenuzza aveva chiesto la conferma delle condanne arrivate in primo grado

Alluvione 2011, la sentenza

Genova. E’ il giorno della sentenza di appello per l’ex sindaco Marta Vincenzi, l’ex assessore comunale alla protezione civile e Francesco Scidone e i dirigenti comunali Gianfranco Delponte, Pierpaolo Cha e Sandro Gambelli.

A leggere il dispositivo sarà il presidente della seconda sezione della Corte di appello di Genova Giuseppe Diomeda. La lettura della sentenza è prevista per la mattinata: dopo l’appello in aula, al momento la corte si è ritirata per la deliberazione finale.

Le richieste della procura.
Il procuratore generale Luigi Cavadini Lenuzza aveva chiesto la conferma della condanna a 5 anni per l’ex sindaco condannato per omicidio colposo plurimo e disastro colposo, così come la conferma della condanna a quattro anni e nove mesi per l’ex assessore comunale alla protezione civile Francesco Scidone e a 4 anni e 5 mesi per il dirigente comunale Gianfranco Delponte.

Ci sono altri responsabili?
Il procuratore generale a novembre aveva chiesto inoltre la trasmissione degli atti alla procura per i dirigenti scolastici che decisero di far uscire i ragazzi dalle scuole nonostante la situazione di pericolo e che ora potrebbero ritrovarsi a loro volta indagati per disastro colposo.
Con la sentenza di primo grado, il tribunale aveva ordinato la trasmissione degli atti per l’ex capo della polizia municipale Roberto Mangiardi perché si accertasse la cooperazione colposa nell’omicidio e disastro. Il pm Luca Scorza Azzarà ha aperto un fascicolo a modello 45, per atti relativi, in attesa di capire se anche i giudici di appello ritengano la sussistenza di sue responsabilità. Sempre il tribunale aveva disposto la trasmissione degli atti al pm per sei persone (tra le quali l’allora assessore Pasquale Ottonello e il vice sindaco Paolo Pissarello) per falsa testimonianza.

I fatti.
Nella tarda mattinata del 4 novembre 2011 a causa dell’esondazione del torrente Fereggiano morirono a Genova sei donne: Sphresa Djala, 28 anni, le figlie Gioia di 8 e Gianissa di un anno, di Serena Costa, 19 anni, di Angela Chiaramonte, 40 anni e di Evelina Pietranera, 50 anni. Cinque delle sei vittime erano morte dopo aver recuperato un parente a scuola visto che quel giorno, nonostante l’allerta 2, gli istituti scolastici erano aperti. Sì perché a Tursi venne deciso che chiudere le scuole poteva sollevare polemiche in città se poi non fosse accaduto niente, come era stata per l’allerta neve dell’inverno precedente.

Oltre a non chiudere le scuole quella mattina, il Coc, il centro operativo per l’emergenza del Comune di Genova, si rivelò un comitato completamente incapace di gestire l’emergenza. “Fino al 2011 la protezione civile – aveva detto il pm nella requisitoria finale di primo grado – era una tematica fortemente sottostimata, forse una grande seccatura”. “Chi doveva essere al comitato ha delegato – aveva spiegato Scorza – con il sindaco che preferisce andare a un convegno che sedere al comitato, l’assessore alla protezione civile che va in giunta, il direttore del Comune appena rientrato dalle ferie che va in giunta. Tutti hanno cose più importanti da fare che stare in protezione civile” rispetto alla quale emerge un quadro di “sciatteria” e “approssimazione”

Disastrosa anche la tempistica di chiusura delle strade, per questo il giudice Adriana Petri aveva ravvisato una necessità di approfondire le responsabilità dell’ex comandante dei vigili.

E dopo quella mattina, dopo la tragedia e i sei morti, qualcuno (che per il giudice di primo grado sono l’ex sindaco Marta Vincenzi, il dirigente Dalponte e l’ex assessore alla Protezione civile Francesco Scidone) aveva taroccato il verbale di quanto accaduto, quello che verrà consegnato alla procura di Genova ‘anticipando’ di oltre 30 minuti il momento dell’esondazione, per accreditare la tesi che l’alluvione sia stata una bomba d’acqua, un evento improvviso contro cui nulla si sarebbe potuto fare.

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