Riqualificazione

Hennebique, al via il percorso per attirare investitori. La sovrintendenza: “Nessuna preclusione a centri commerciali” fotogallery

Entro un anno si capirà cosa si potrà e cosa non si potrà fare con l'ex silos granaio che prende il nome dall'inventore del calcestruzzo armato

Genova. Abbandonati dagli anni Settanta, i silos granari del porto di Genova, altresì chiamati Hennebique, a calata Limbania, sono stati a più riprese oggetto di valutazioni e progetti potenziali, oggi sono stati al centro di una firma che dovrebbe – almeno in teoria – portare in maniera più efficace e rapida a una riqualificazione dell’area.

Regione, Comune, Autorità di Sistema portuale, Sovrintendenza e Università di Genova hanno siglato un’intesa per arrivare, nell’arco temporale massimo di un anno, con un percorso tecnico stabilito, ad avere il quadro delle regole per la tutela del bene e al tempo di tutti gli interventi, anche a carattere trasformativo, che possono essere realizzati sull’edificio.

“Questo è uno dei punti principali per sollecitare il mercato – ha detto il presidente dell’Autorità di Sistema portuale Paolo Emilio Signorini – un imprenditore deve sapere cosa potere fare con un bene e quando spenderà per attuare il proprio progetto. Tenendo conto che le amministrazioni dovranno pensare a come ultimare la valorizzazione dell’intero compendio, e quindi anche l’area di ponte Parodi”.

hennebique

La “bella” addormentata. Della riqualificazione dell’Hennebique, un’area di quasi 40 mila metri quadri sul mare, tra porto antico e stazione marittima, si è parlato in passato sia durante la sistemazione dell’area durante le Colombiane, poi nel periodo di Genova 2004 Capitale della Cultura, poi ancora come possibile sede dell’Università di Ingegneria. Insomma, dal 2007, Comune e Autorità portuale hanno tentato di rendere disponibile l’edificio per utilizzi pubblici con la possibilità di aprirlo in parte ad attività turistiche e commerciali ma tutti i bandi per la destinazione di interesse sono andati deserti.

Gli ostacoli, d’altronde, sono sempre stati imponenti: intanto la vastità dell’edificio, che obbliga a chi dovesse decidere di investire ad avere le spalle larghe, inoltre il fatto che non sia mai stato chiaro quale tipo di intervento sarebbe possibile, sia a livello di ristrutturazione sia a livello di destinazione d’uso. “Eppure è la prima cosa che si vede quando si arriva a Genova dal mare, non può restare così”, le parole del sindaco Marco Bucci.

La visione. Il sovrintendente ai Beni artistici e culturali Vincenzo Tiné ha presentato alcune immagini, esempi, elaborati da studi di architetti internazionali, di cosa l’Hennebique potrebbe diventare. Sono solo suggestioni, ma di grande fascino: alberghi di lusso, residenze, palestre di roccia. “Ma non sarebbero realizzabili. La sostenibilità deve essere non solo economica ma anche culturale – spiega Tiné – e quindi cerchiamo di ragionare insieme, senza far partire gli architetti per la tangente, elaboriamo insieme presupposti condivisi, dai quali i creativi potranno prendere le mosse per esercitare le loro competenze”. Questo non significa chiudere al soluzioni “pop”. “Se avrà senso realizzare un centro commerciale – dice il sovrintendente – sarà un centro commerciale, e potrà essere valorizzante anche quello”.

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“Siamo felici di essere stati contattati – afferma Enrico Dassori, direttore del dipartimento di Design e Architettura dell’Università di Genova – non era scontato. Il nostro compito non sarà quello della progettazione, ma quello della conoscenza dell’oggetto architettonico, è molto più di un grosso scatolone”.

La storia. I silos granari di Genova sono un edificio di epoca liberty, costruito in cemento armato nel 1901 da Giovanni Antonio Porcheddu come deposito di granaglie. Il suo nome, Hennebique, deriva da uno degli inventori del calcestruzzo armato. Si tratta del primo esempio a Genova di struttura realizzata interamente con questo materiale.

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