Genova. Pancia a terra e moderare il volume delle polemiche. Perché è andata male ma poteva andare peggio. Questo il clima dentro e fuori la segreteria genovese del Partito Democratico, segreteria tra le meno renziane d’Italia, all’indomani della definizione delle liste per le politiche del 4 marzo.
Ma se c’è chi trova la consolazione di un territorio rappresentato dai nomi di Mario Tullo e Pippo Rossetti, rispettivamente candidati nei collegi uninominali alla Camera di Genova Serra Riccò e Genova Bargagli, c’è chi è più amareggiato di altri. E non lo nasconde.
Lorenzo Basso, 42 anni, di Cogoleto, già parlamentare nella precedente legislatura dopo essere stato consigliere regionale e segretario regionale del Pd. Diplomato e impiegato nel settore dell’Ict, sposato, 3 figli, ex scout. Lettiano. E’ stato uno dei deputati liguri più produttivi a Montecitorio, tra aula e commissioni, impegnandosi in tematiche come la lotta all’azzardo e al telemarketing selvaggio, ma è stato anche relatore del piano nazionale “industria 4.0” e si è speso per il rilancio di Ansaldo Energia.
“Ho sempre saputo però che, soprattutto nella politica italiana, quando si opera con autonomia di giudizio e si affrontano battaglie delicate, come quelle contro l’azzardo, raramente si viene premiati”. Parole dure, quelle che compongono un lungo post su Facebook di Basso.
Parole che lasciano intravvedere pure una volontà precisa, da parte dei vertici del partito, di arginare le azioni contro l’industria delle slot e delle scommesse (sarebbe gravissimo). Parole che, quantomeno, riflettono la delusione di essere stato collocato, dalla direzione nazionale, terzo in lista nel collegio plurinominale Liguria Ponente, dietro al savonese Franco Vazio e alla ex ministro Marianna Madia. Una posizione dalle possibilità “pressoché nulle”, per usare il giudizio dello stesso candidato.
“Inutile nascondere una certa amarezza nell’osservare come una parte del Pd abbia voluto blindare i propri candidati, indipendentemente da ogni considerazione di rappresentanza dei territori e di valutazione del merito del lavoro fatto – scrive Basso – di certo il mio impegno personale per far vincere il Pd è fuori discussione: se è vero che vorrei diverso e più lungimirante il mio partito, è altrettanto vero che il rischio di una vittoria della destra sarebbe oggi per l’Italia una sventura”.
L’abnegazione e l’autodisciplina, ciò che resta del Pci in alcuni esponenti Dem, ci sono. Bisognerà capire se saranno abbastanza forti per andare avanti fino al 4 marzo. E se saranno convincenti, di fronte a un elettorato di centrosinistra mai così perplesso.