Genova. “Ha chiamato il chiamante”, “Domani dovrò muovermi verso l’Italia, ho un lavoro importante da svolgere”. Sono alcune delle frasi e dei messaggi recuperati sui telefono di Nabil Benamir, l’estremista marocchino di 30 anni per cui il sostituto procuratore di Genova Federico Manotti, coordinato dalla procura nazionale antimafia e antiterrorismo ha ottenuto dal gip la custodia cautelare in carcere per terrorismo.
L’indagine minuziosa, che ha riguardato soprattutto il materiale informatico sequestrato compresi i profili Facebook, Whatsapp e Telegram dove sono stati recuperati moltissimi file cancellati, è stata condotta dalla sezione antiterrorismo della digos di Genova, con il coordinamento della polizia di prevenzione. E gli elementi raccolti fanno scrivere senza esitazione al gip Nadia Magrini che “la sensibilità del Benamir alla chiamata dell’IS è tutt’altro che improvvisata e superficiale e si concretizza non solo nello scambio di esortazioni e nell’esaltazione dei significati, ma anche nella condivisione delle conoscenze tecniche concretamente utili alla realizzazione di un attentato”.
Che cosa voleva fare Benamir in Italia? Mettere in atto un attentato in prima persona o ‘limitarsi’ ad addestrare altri estremisti a costruire ordigni e magari a mettere in atto azioni da “lupi solitari”? Difficile saperlo con certezza. Certo è che proprio “Al Ziab Al Monfarida” (che significa appunto Lupi solitari) è il nome che era stato scelto per un gruppo Telegram formato da soli 8 membri dove Benamir e gli altri si scambiavano file sulla costruzione e l’utilizzo di ordigni.
Nei vari dispositivi sequestrati sono stati recuperati elementi importanti, non solo filmati di esecuzioni o decapitazioni, file su missioni suicide, ma anche screenshot e istruzioni su come modificare vecchi telefoni per trasformarli in detonatori. E fra gli oggetti sequestrati c’è proprio un vecchio Nokia 3310, che avrebbe potuto essere utilizzato seguendo le istruzioni in arabo.
Ancora tra le immagini sequestrati c’è il bando di arruolamento allo Stato islamico che viene sequestrato per la prima volta in Italia e, con tanto di timbri, stabilisce le condizioni e le prestazioni, indica le località dove arruolarsi e le sanzioni per chi trasgredisce il giuramento.
Benamir era arrivato a Genova all’inizio di aprile dopo aver lasciato l’Olanda attraverso il Belgio. Era stato a lungo in Germania dove aveva tentato invano di chiedere un permesso di soggiorno con pause per viaggi nello stato islamico, sia in Iraq che in Siria.
Il 30enne era stato arrestato il 4 agosto di quest’anno dai poliziotti delle volanti per aver picchiato e segregato la compagna, una giovane brasiliana al terzo mese di gravidanza, che per sfuggire ai maltrattamenti era scappata fuggendo dalla finestra del bagno dell’abitazione di via dei Pescatori alla Foce dove i due vivevano. Per questo era stato arrestato in flagranza ed è stato già condannato per maltrattamenti e lesioni a tre anni e mezzo di reclusione.
Anche la testimonianza della giovane si è rivelata preziosa per gli investigatori genovesi della digos. “Utilizzava il cellulare per guardare notizie di guerra” ha raccontato la ragazza e “di fronte alle immagini della decapitazione di un giovane marocchino ha detto che era un atto giusto perché era un traditore che aveva collaborato con gli americani”. Ancora, la brasiliana lo vede spesso usare Telegram, che tuttavia disinstalla ogni sera per reistallarlo appena gli serve e racconta di “aver visto un video dove veniva spiegato come costruire bombe”.
Due settimane prima di arrivare in Italia scrive alla sorella su whatsapp: “Ha chiamato il chiamante, devo andare al lavoro, Parliamo un’altra volta inshallah, che Dio allunghi la mia età e il mio destino. Prega per me per la Shahada e che accetti il mio lavoro”.
La sorella gli chiede preoccupata di che giuramento (Shahada è il giuramento) stesse parlando: “O Dio di che lavoro si tratta?” gli scrive preoccupata. “Ha chiamato il Chiamante” – spiegano gli investigatori – riprende una Sura coranica che in ambito radical fondamentalista è rivolto a quelle persone che ‘stanno per incontrare Dio’ e viene pronunciato all’indirizzo di jidaisti e martiri.
Il tema del lavoro da svolgere è ripreso anche da un file audio in una chat dove rivolto a un interlocutore non ancora identificato (il file era stato cancellato) dice: “Domani dovrò muovermi verso l’Italia, ho un lavoro importante da svolgere”.
Come ha ricordato il responsabile dell’antiterrorismo della digos genovese Riccardo Perisi l’indagine si chiama Over The Web perché “mai come in questo caso ci siamo avvalsi soprattutto nella fase preliminare di indagine della collaborazione di altri dall’Europol all’Fbi che ci avevano segnalato la sua possibile presenza in Italia”. Un’indagine che è di fatto appena cominciata e ora dovrà portare a capire chi erano i suoi interlocutori e dove vivono visto che tra i suoi contatti telegram del gruppo lupi solitari ci potrebbe essere qualcuno pronto a immolarsi per Daesh.
Anche sulla vita di Benamir a Genova si sa poco: viveva di espedienti e piccoli furti (uno dei telefoni sequestrati era stato rubato su una spiaggia in corso Italia pochi giorni prima) e pur essendo un islamico radicale non frequentava le moschee cittadine, il che rende il quadro forse ancora più preoccupante.