Grande interesse

Hiv, da Genova la scoperta di un “incrocio patogenetico” con i tumori.

I risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell'Università e dell'Ospedale San Martino potrebbe aprire nuove frontiere

microscopio
Foto d'archivio

Genova. Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale The Journal of Allergy and Clinical Immunology (in cima al ranking mondiale per il settore Immunologia) riporta i risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Genova guidato dal Prof. Gilberto Filaci, affiliato al Centro di Eccellenza per le Ricerche Biomediche e al Dipartimento di Medicina Interna presso l’Ospedale Policlinico San Martino di Genova.

Questi ricercatori hanno scoperto un nuovo meccanismo attraverso il quale il virus dell’HIV causa immunodeficienza. In particolare, si è trattato di uno studio triennale che ha coinvolto anche altre sedi ospedaliere non universitarie, liguri e piemontesi.

In tale studio sono stati arruolati oltre 60 pazienti con nuova diagnosi di infezione da HIV, ciascuno dei quali è stato monitorato clinicamente e immunologicamente per circa un anno. I risultati dello studio hanno mostrato che una particolare popolazione di cellule del sistema immunitario, scoperte in precedenza dallo stesso gruppo di ricercatori che le ha denominate “linfociti CD8+ regolatori”, è notevolmente sviluppata nel sangue dei pazienti affetti da HIV.

La particolarità di queste cellule è che esse sopprimono le risposte immunitarie, paralizzando di fatto le funzioni immunologiche preposte alla difesa dell’organismo contro agenti tossici, infettivi e neoplastici. L’aumento esagerato del numero di tali cellule predispone il paziente a tutte le malattie tipicamente associate alle condizioni di immunodeficienza.

In presenza di un trattamento antivirale efficace, il numero di queste cellule si contrae drasticamente, a testimonianza della stretta correlazione esistente tra il loro incremento e lo stato di replicazione attiva e incontrollata del virus in condizioni di assenza di trattamento.

Il fenomeno dell’aumento esagerato del numero di linfociti CD8+ regolatori non è peculiare dell’infezione da HIV in quanto gli stessi ricercatori lo avevano già riscontrato nei pazienti affetti da tumore. Pertanto, un ulteriore elemento di interesse dei risultati di tale studio è costituito dall’avere identificato una inaspettata sovrapposizione tra meccanismi di malattia operanti nei tumori e nell’infezione da HIV, essendo entrambe tali condizioni associate a stati di immunodeficienza.

Infine, la rilevanza della scoperta dipende anche dalle prospettive che essa offre in campo terapeutico. In questo ambito è plausibile immaginare nel prossimo futuro la messa a punto di strategie terapeutiche precipuamente mirate alla neutralizzazione dei linfociti CD8+ regolatori. Farmaci biologici di ultima generazione capaci di agire inibendo l’azione dei linfociti regolatori esistono già e sono stati sperimentati con successo in oncologia.

La scoperta di un “incrocio patogenetico” tra tumori e infezione da HIV potrebbe consentire di mutuare tali terapie biologiche antitumorali e trasferirle all’HIV, aprendo scenari del tutto nuovi e inattesi.

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