Genova. “Portatevi a casa i vostri negri! Fateci lo stufato!”. “Se vogliono spiccare il volo verso una vita migliore perché non farlo dal Righi, è persino più alto…”. “Big Bambù pronti per le buoniste”. Sono soltanto alcuni dei commenti che ci siamo trovati a leggere – negli ultimi giorni – sulla nostra pagina Facebook, a corollario degli articoli relativi alla questione “Migranti a Multedo”.
Alcuni lettori ci hanno scritto chiedendo di eliminarli, di cancellarli e, in alcuni casi, lo abbiamo fatto. In altri, no. Perché anche il linguaggio, i contenuti e forse anche le storie che potete individuare dietro il profilo (spesso falso, ma non sempre) di ogni singolo “urlatore” anti-migrante sono parte della notizia, raccontano un sentimento xenofobo, prima che razzista, che alimenta proteste come quella di Multedo.
“Non sono razzista, ma…”. E’ uno dei refrain preferiti dei cittadini che in questi giorni scendono in piazza, scrivono striscioni, piazzano catene e lucchetti sulle “creuze” che portano all’ex asilo Contessa Govone. E come spiega il libro “Non sono razzista, ma…” di Luigi Manconi, presidente della commissione per i Diritti umani al Senato, e qualche giorno fa a Genova per una presentazione a Palazzo Ducale, “Siamo di fronte a comportamenti sociali al limite della xenofobia, ma non meramente razzisti”.
Lo scrittore e sociologo ipotizza che dietro quell’avversativo “ma…” ci sia in realtà una richiesta di aiuto da parte dei cittadini a “non diventare razzisti”. Crisi economica, crisi sociale, e una politica che cavalca – in maniera più bipartizan di quanto non appaia – gli odii latenti non impiegheranno molto a far virare la paura dello straniero in razzismo vero e proprio.
Anche Leonardo Bianchi, giovane giornalista, autore de “La gente, viaggio nell’Italia del risentimento” prova a tracciare alcune linee comuni del sentimento xenofobico. Anche lui a Genova, nell’ambito della Fiera dell’editoria indipendente, forse avrebbe potuto aggiungere un capitolo – Multedo – a quelli già scritti su Gorino, forse il primo Comune in Italia dove i cittadini alzarono le barricate contro l’arrivo dei migranti, e Tiburtino, quartiere “difficile” di Roma, dove il disagio della popolazione residente e l’arrivo di alcuni migranti sono diventati un mix esplosivo. Nel primo caso i problemi sono scaturiti – spiega l’autore – da una pessima gestione amministrativa dell’intera partita, nel caso romano le paure xenofobe sono state cavalcate da movimenti di estrema destra.
A Multedo gli elementi sembrano esserci entrambi: i cittadini sembrano prendersela, va detto, con tutti: certo l’arrivo di questi giovani immigrati (colpevoli, magari, di non essere abbastanza emaciati o di provenire da posti dove ci sono solo povertà e corruzione, ma non guerre vere e proprie) è quello che fa alzare di più i toni.
Nei commenti si parla di “invasione africana”, di “invasori stranieri complici del genocidio per sostituzione” (esistono vere e proprie teorie del complotto in tal senso), c’è chi invoca metodi “da band black metal svedese” (riferendosi ai credo nazionalisti e razzisti che da alcune di queste band sono veicolati), vengono chiamati “negri di m.. “, con un utilizzo tutt’altro che scherzoso delle emoticon.
C’è chi incolpa i “neger” – come leggiamo in un altro commento – anche per la recente chiusura dell’Ostello della Gioventù.
In genere, viene suggerito a chi non è contrario ai centri di accoglienza, di prendersi qualche migrante a casa sua:
Ma i residenti di Multedo se la prendono con la Prefettura e il governo – che hanno organizzato la gestione degli arrivi e dell’accoglienza -, con la Curia (“Non temiamo l’uomo nero, ma l’abito nero”, si legge su uno degli striscioni più noti di questa protesta) e con l’amministrazione pubblica considerata “complice”.
La rabbia espressa è incanalata da partiti politici (Lega Nord e Fratelli d’Italia) e cavalcata da movimenti di estrema destra come CasaPound o Fiamma Nazionale. E quindi i cittadini se la prendono anche con chi, a queste spinte, va contro – per ragioni che naturalmente vanno oltre il merito specifico del caso migranti – come la Fiom, Anpi, i centri sociali.
Se la prendono anche con la categoria dei giornalisti che, da quando il caso Multedo è scoppiato, sono quotidianamente nel ponente cittadino a raccontare la versione di tutte le parti in causa.
Il punto non è criticare o al contrario giustificare la rabbia, xenofoba o meno, di una fetta parziale ma non inconsistente dei cittadini. Ma rendersi conto che questa è, semplicemente, la realtà sociale in cui si vive, si opera, si amministra.