Genova. Vittorio Tamburini, l’esperto qualificato ai domiciliari da ieri nell’ambito dell’inchiesta sugli omessi controlli ai container potenzialmente radioattivi, era stato il grande accusatore della prima indagine che aveva portato all’arresto di tre persone nel 2014 per una vicenda analoga.
Era stato lui, secondo quanto emerso nell’inchiesta, a indicare il modus operandi di Giovanni Battista Carbone, Carlo D’Andria, 46 anni, e Davide Feurra, 44 anni, che lasciavano fogli in bianco da fare compilare ad altri e che attestavano controlli mai avvenuti. I tre sono adesso a processo e Tamburini avrebbe dovuto testimoniare contro di loro, ma è stato nel frattempo arrestato.
Tamburini, secondo i carabinieri del Noe coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Pinto, aveva però affinato la tecnica, dopo gli arresti del 2014. Lasciava i fogli col timbro al suo collaboratore il quale a sua volta eseguiva le rilevazioni e falsificava la firma del suo capo. Il tutto a prezzi stracciati, la metà rispetto alle tariffe ordinarie, per aggiudicarsi la fetta di mercato lasciata da Carbone. Tanto che in una intercettazione telefonica con il presidente dell’associazione nazionale Esperti qualificati, che voleva lavorare a Genova, dice che qui visto che i prezzi erano così bassi faceva fare le rilevazioni a un “ragazzo” (Antonio Carannante, anche lui ai domiciliari da ieri).
Il presidente gli ricorda che non è la procedura giusta, che l’esperto qualificato deve essere sempre presente e che lui non si sarebbe prestato a una procedura del genere perché “tutti saranno denunciati”.