Genova. Corto circuito della “lotta” per il decoro urbano. Nei giorni scorsi sono stati ricoperti con pittura graffiti, murales, tag e scritte varie in zona San Vincenzo: nella “foga” è stato rimossa anche una “istallazione” di Tiler, il piastrellista che, paradossalmente, da tempo si batte contro il degrado applicando le sue opere “di denuncia” sui muri della città.
Un volenteroso cittadino, tra il plauso dei social e l’apprezzamento dei più, ha, infatti, ripulito i portici di via San Vincenzo dalle affissioni abusive: manifesti di eventi, di concerti, di serate e anche di offerte commerciali che negli anni si sono sovrapposte sui pilastri all’incrocio con viale Suali, zona frequentatissima dai giovani studenti dei vicini Cassini e dal Barabino.
Nei giorni successivi l’opera di “ripulitura” è andata avanti,(non è chiaro per mani di chi), con l’applicazione di fresca vernice a ricoprire quello che sembra essere l’attuale nemico numero uno del decoro cittadino: le scritte sui muri. Per l’opera di Tiler, collocata in un angolo tra la principale via dello “struscio” genovese e una sua traversa, non è bastato essere a pochi centimetri dalla targa “Via della Misericordia”: il furore dell’ordine non ha avuto pietà alcuna, rimuovendo prima le piastrelle, per poi sostituirle con una bella mano di vernice grigia e neutra, e tanti saluti.
Una episodio piccolo, ma che la dice lunga sulla “schizofrenia” che può contagiare la società di individui se viene sdoganato il “liberi tutti” sulla gestione degli spazi collettivi, come lo sono le strade e i loro muri.
In questo caso, inoltre, la vernice utilizzata è evidentemente diversa al colore originario, e visto che il risultato non è esteticamente coerente con il contesto, è automatico chiedersi se l’operazione sia stata in qualche modo autorizzata da chi di competenza: nel caso non fosse così, l’opera configurerebbe un reato, in base al comma 2 all’articolo 639 del Codice Penale vigente che descrive il “Deturpamento e imbrattamento di cose altrui”: “Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati – recita la norma – si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro”. Esattamente il reato contro il quale chi “lotta” contro il degrado si scaglia, in un groviglio di intenti grottesco: la mano che accusa è la mano che delinque.
Insomma, il crimine non paga, si dice, ma anche la “giustizia fai-da-te” pare non essere molto conveniente, anzi.
(Nell’ultima foto l’opera anti-degrado di Tiler, prima della rimozione)