Genova. Le foto hanno fatto il giro del web: alcuni carri armati incolonnati al casello di Pra’, destinati al Vte, in attesa dell’imbarco.
Sui social la fantasia si è scatenata, passando dall’ironia dell’estrema “difesa dai foresti” all’allarmismo post attentati terroristici. Ma, forse, il “mistero” potrebbe avere una soluzione, e, a pensarci bene, questa sarebbe molto meno misteriosa di quanto ci si poteva aspettare.
Nei fatti, i mezzi immortalati prima in autostrada e poi nei piazzali del porto sono una decina di obici semoventi classe M109, un modello progettato durante la guerra in Vietnam dal genio militare statunitense, e che negli anni è stato sviluppato e ammodernato. Oggi è in dotazione a diversi eserciti della Nato, tra cui l’Italia, che lo “schiera” nella versione “L”, e viene prodotto da diverse industrie legate alla difesa, tra cui l’italiana OTO-Melara.
La destinazione degli “esemplari” passati da Genova, sarebbe, secondo autorevoli fonti portuali, il Kuwait: diverse altre casse di “accessori”, infatti, sono in attesa di seguire i mezzi corazzati, con destinazione certa e certificata.
Da qua un controllo è abbastanza semplice: i mezzi, con diversi equipaggiamenti, sono in dotazione a diversi eserciti dell’area medio-orientale, tra cui quello di Arabia Saudita, Iraq, Iran, Emirati Arabi, Giordania e Pakistan, oltre, appunto, al Kuwait. Molti di questi paesi, oggi, sono impegnati in operazioni militari se non guerre vere e proprie.
Sappiamo tutti che quell’area del mondo, oggi, è particolarmente instabile, ed è possibile quindi supporre che questi obici siano destinati ad essere veramente operativi. Un dato, quello del commercio di armi anche pesanti, che dovrebbe entrare nel dibattito politico sui precari equilibri geopolitici e mondiali che, come abbiamo sotto gli occhi, producono un’onda lunga di effetti a catena. Esportiamo armi, lo sappiamo, ma (soldi a parte) cosa otteniamo?