Genova. Se gli exit poll saranno almeno in parte confermati, dalle proiezioni prima e dai risultati poi, il dato più eclatante sarà la sconfitta del MoVimento 5 Stelle nella città dove, almeno prima dell’inizio della campagna elettorale (con il caos “comunarie” e la tripla spaccatura) erano state riposte le più alte aspettative. Alcune rilevazioni parlano di preferenze al di sotto del 20%, altre hanno una forchetta più alta. Comunque non abbastanza.
Alice Salvatore, alle Regionali del maggio 2015, aveva raggiunto – se prendiamo in considerazione i voti nel solo Comune di Genova – il 29,6% delle preferenze, surclassando persino colui che poi è diventato governatore, il forzista Giovanni Toti. L’avevano votata oltre 54mila persone.
Paolo Putti, che nel 2012 aveva portato il simbolo M5S alle elezioni comunali poi vinte da Marco Doria, aveva raggiunto – in un momento di crescita ancora tutta potenziale del movimento pentastellato – il 13,86% con 32 mila voti. A evidenziare il momento no dei “grillini” alle urne è anche colui che un tempo fu tra i “pensatori” del M5S, Paolo Becchi. Ecco il suo tweet.
Tutto come previsto a Genova: sconfitta notevole per il partito, il M5S, che alle regionali era il primo
— Paolo Becchi (@pbecchi) 11 giugno 2017
Che cosa è successo nel frattempo? Che il soggetto politico creato da Gianroberto Casaleggio e spinto dal comico Beppe Grillo è diventato sempre più “grande”, “adulto”, ha iniziato a ricoprire posti di potere, anche se all’opposizione, ma non solo. Si pensi al caso Raggi, a Roma. Forse i genovesi hanno temuto che le cose potessero mettersi come avvenuto nella capitale. Problemi più mediatici che reali, forse. E poi il M5S a Genova aveva chiamato altri sponsor, Nogarin, da Livorno, e Appendino (Torino). Ma tant’è.
La verità, però, è che a Genova il M5S è stato scosso dalla tempesta perfetta. Una tempesta che esso stesso ha generato. Con la fuoriuscita di Paolo Putti e di altri consiglieri comunali genovesi, fondatori del gruppo Effetto Genova e poi promotori della lista Chiamami Genova. Ma soprattutto con le “comunarie” vinte da Marika Cassimatis e poi annullate a favore di Luca Pirondini, nominato dall’alto dei vertici del movimento, considerato “il delfino” di Alice Salvatore e Beppe Grillo stessi. A seguire: espulsioni, sospensioni, minacce di querele, diffide, alle voci dissidenti rispetto alla linea ortodossa. In questo clima pesante, di guerra, Pirondini era riuscito a ricostruire in maniera quasi miracolosa un’immagine originale, pacata, smart, pulita, del M5S.
Non è bastato. L’altra sera in piazza Matteotti, alla festa di fine campagna, Beppe Grillo – tra un rag e un jazz – aveva fatto la battuta: “Speriamo che Luca non vinca altrimenti mi verranno a rompere le palle ogni giorno a Sant’Ilario”. Beppe, tranquillo. Non accadrà. Per questa volta Genova non cambia musica. (O forse si?)