Regione

Case popolari, Scajola: “Nessuna marcia indietro, modifiche alla legge figlie del confronto con territorio”

Parzialmente soddisfatte invece le opposizioni: "Ancora lontani da una vera riforma"

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Liguria. “Dispiace constatare che le opposizioni strumentalizzino un tema così delicato che trova tante persone in difficoltà per portare avanti una battaglia demagogica contro una legge che il territorio aspetta da molti anni. Una riforma, quella che abbiamo proposto, che vede al centro i liguri e gli italiani, le persone sofferenti, come i disabili, gli anziani, coloro che in silenzio affrontano ogni giorno gravi problemi senza che le Istituzioni se ne accorgano. Con questi interventi diamo risposte concrete a chi le aspettava da tempo”.

Risponde così l’assessore regionale all’Edilizia Marco Scajola alle opposizioni in consiglio regionale in merito alla legge di riforma sui criteri di assegnazione degli alloggi pubblici.
“Gli emendamenti presentati sono frutto del buon senso e del confronto che in queste settimane abbiamo avuto con le Associazioni degli inquilini – sottolinea l’assessore – con le quali abbiamo costruito e condiviso la riforma. Per noi è normale confrontarci e costruire insieme quelle norme che dovranno interessare tutto il territorio. Capisco che per la minoranza sia una novità, non avendo loro questa nostra sensibilità politica”.

“Le riforme – conclude Scajola – sono necessarie e mi rendo conto che diano fastidio a chi, invece, vuole garantire privilegi a pochi, dimenticandosi dei molti che aspettano e che soffrono in silenzio. Alla minoranza dà fastidio il nostro coraggio e la nostra determinazione a mettere mano a quelle norme che loro, in dieci anni, non sono stati in grado di fare. Continueremo su questa strada poiché la stragrande maggioranza dei liguri la condivide e apprezza i nostri sforzi”.

Di diverso avviso le opposizioni. “Grazie al nostro pressing – commenta Andrea Melis, M5S – siamo riusciti a far stralciare dall’assessore Scajola alcuni degli aspetti più critici del provvedimento. In particolare è stata scongiurata la logica assurda della sublocazione, che avrebbe ingenerato un sistema pericoloso e dare adito a mille potenziali storture. Un altro emendamento di Giunta consentirà il superamento dell’Isee fino a 5 anni consecutivi. Una modifica che condividiamo, ma, se si vuole davvero incidere e dare una risposta ai cittadini con una concreta offerta di edilizia residenziale pubblica, bisogna mettere mano a una reale riforma della materia, mettendo in discussione il modello di governance delle varie Arte e i parametri Isee per l’accesso e la permanenza, che escludono tutte quelle persone in difficoltà che da anni attendono invano un alloggio. Insomma, la marcia indietro di Scajola rappresenta un passo in avanti, ma siamo lontani da una vera riforma in grado di rispondere alla sempre più crescente domanda di case popolari”.

Prima ancora dell’inizio della discussione in Consiglio regionale – è sulla stessa frequenza il Pd – l’assessore Scajola ha fatto già due clamorosi passi indietro. Per prima cosa ha tolto la sublocazione e cioè la possibilità per i residenti negli alloggi Erp di affittare una stanza anche a chi non avrebbe diritto a stare in questo tipo di appartamenti. Poi, sempre Scajola, le cui leggi vengono prontamente modificate dall’aula e giudicate incostituzionali, è tornato indietro anche sul numero di anni che servono a una famiglia per perdere il diritto alla permanenza in un alloggio, quando il proprio reddito aumenta. Il centrosinistra, in passato, aveva escluso il conteggio del reddito dei figli che trovano lavoro per dieci anni; Scajola ha abbassato il limite a due anni (neppure consecutivi). Ora l’assessore ha aumentato il termine prima a 4 e poi a 5 anni. Ma, come dicono i comitati degli inquilini, non basta. Perché dopo quel termine si finisce in mezzo a una strada. La nostra proposta, recependo le istanze di sindacati e comitati è invece di fissare il limite a 5 anni per tutti coloro che superano i parametri Isee, ma di portarlo a 10 per chi ha dei figli. Fatte salve questo modifiche (i saldi-Scajola) restano ancora molte norme assurde come quella che regola l’accesso alle case popolari. D’ora in poi gli stranieri avranno bisogno di dieci anni di residenza per chiedere un alloggio, mentre ai liguri ne serviranno cinque. Ma non 5 anni di residenza in Liguria: cinque anni di residenza nell’ambito in cui si chiede la casa, e cioè in un territorio ristretto di quattro o cinque comuni. Cosi chi trova lavoro fuori da questo bacino deve aspettare 5 anni per avere una casa. Questo provvedimento colpisce i liguri. Altro che prima gli italiani. Insomma questa legge Toti-Scajola, per motivi di propaganda spicciola, riduce la possibilità di accesso agli alloggi popolari, elimina i diritti, accentra tutto in capo ad Arte, vende i gioielli di proprietà pubblica e non prevede investimenti. Il Pd continuerà a lottare al fianco dei comitati e dei sindacati degli inquilini”.

“Sconcertante è – concludono Pastorino e Battistini di Rete a Sinistra/Libera-Mente Liguria – che come per altri provvedimenti, vedi la questione urbanistica sui luoghi di culto, il centrodestra presenta disegni di legge contenenti norme già cassate dalla Corte Costituzionale per altre regioni. Tutto avviene per mera propaganda – dichiara il capogruppo Gianni Pastorino -. Non solo un non-senso giuridico, ma anche l’esatta rappresentazione della cattiva politica, del malgoverno che per meri scopi elettorali impegna il tempo della proposta e della valutazione in atti che saranno certamente respinti al mittente, con danno dei cittadini liguri e dileggio delle istituzioni. Sembra un ritorno all’età dei Comuni. In una società in cui assistiamo a un’evidente carenza occupazionale, in cui muoversi per trovare lavoro non è una velleità ma spesso un obbligo, porre tutte queste limitazioni alle assegnazioni delle case popolari è pura follia. Ma le assurdità contenute in questo disegno di legge non si fermano qui: nessuna semplificazione per i cittadini e creazione di un imbuto per limitare i diritti dei potenziali utenti. Se da un lato si afferma la necessità di intervenire a seguito di un incremento delle richieste di alloggi, per effetto della crisi economica, dall’altro si mira chiaramente a limitare l’accesso ai bandi e non a creare maggiore offerta”.

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