Genova. Non siamo Roma, non siamo Firenze. Piacciamo per questo. Almeno secondo Michael Frank, columnist del New York Times, una delle più importanti testate giornalistiche del mondo.
Il giornalista arriva a Genova – racconta in questo articolo – e, restandone affascinato, si domanda: “Perché la conoscono così in pochi?”. Il pezzo del “Nyt” sviscera la città storica e i suoi personaggi, racconta le bellezze segrete dei vicoli e ricorda le figure che a Genova nacquero o passarono, lasciando il segno. Inserisce una buona dose di cliché, però ci crede.
Un articolo positivo, lusinghiero. Ma falso. Perché non è vero che “In pochi conoscono Genova”. Non più. Almeno stando ai dati relativi agli arrivi e presenze turistiche degli ultimi giorni.
Tutto esaurito nel weekend pasquale, secondo le associazioni degli albergatori. Tutto esaurito nel lungo ponte del 25 aprile. “E siamo fiduciosi anche per quello del primo maggio – dice Laura Gazzolo, presidente di Confindustria Alberghi – sabato siamo già attorno al sold-out, per domenica viaggiamo verso l’80% delle stanze complete”.
Genova inizia a essere conosciuta, eccome. “Soprattutto italiani in questo weekend – continua Gazzolo – e famiglie, ma tengono anche gli stranieri, i francesi non mancano mai, inoltre siamo in attesa delle festività dei paesi esteri, come l’Ascensione in Germania o i prossimi fine settimana, sempre in Francia, che porteranno un nuovo flusso di coloro che, a livello di presenze da fuori Italia, sono i gruppi più cospicui”. Cosa manca? “Il congressuale – dice la presidente della categoria – bene il turismo del tempo libero, ma la città e le istituzioni stanno puntando poco sui convegni e i viaggi di lavoro, il turismo congressuale oltre a permettere di riempire le stanze nei giorni meno “caldi”, ha anche un ottimo indotto su negozi, ristoranti, attività”. Ancora, secondo Gazzolo: “La colpa non è delle istituzioni ma della scarsa concorrenzialità sul fronte congressi, esiste tutta una serie di situazioni contingenti che ci rendono meno concorrenziali rispetto ad altre città”.
Tutto bene, dunque. Ma immaginiamo per un attimo di essere, sì, come Roma o Firenze. Di avere ogni fine settimana i cartelli “tutto esaurito” sulle porte degli alberghi (o, sui profili Airbnb di chi affitta la propria camera, o la propria casa). Possiamo farcela a sostenere un turismo realmente di massa?

Forse no. Se pensiamo che in questi giorni la polizia municipale genovese è stata costretta a chiudere le uscite della sopraelevata verso porto antico e centro, per diverse ore, per gli ingorghi provocati dai movimenti verso i parcheggi.
Se pensiamo che ancora risulta difficile spingere i flussi dei turisti oltre i soliti circuiti del centro storico (alcune strade restano territorio inesplorato, per non parlare delle delegazioni, Pegli, Nervi, eccetera). Se pensiamo a quanto può essere difficoltoso per un tedesco che in maniera “sostenibile” decide si arrivare in treno, comprendere come arrivare con i mezzi pubblici in centro città.
Se pensiamo al fatto che, nei giorni di Pasqua, Aster ha scelto di aprire un cantiere tra Caricamento e piazza Fossatello, uno dei principali varchi di passaggio per i turisti che dall’Acquario si spingono nel cuore dei vicoli.

Per non parlare della scarsa promozione dedicata agli eventi “off”, all’offerta per i giovani, alle iniziative alternative alle solite visite guidate. Se pensiamo che se via Garibaldi e palazzo Ducale fanno il pienone, ci sono decine di altre strutture museali (e i relativi depositi) che restano deserte o quasi. Se pensiamo ai ristoranti chiusi negli orari in cui americani, norvegesi, russi, eccetera, vorrebbero farsi uno spuntino.
Genova può farcela a farsi conoscere come Roma e Firenze, senza perdere il suo charme. Ma deve osare di più. E lavorare sui dettagli. Solo così potrà diventare un tesoro da scoprire anche per chi, magari, al New York Times (e alle guide Wallpaper) preferisce i rotocalchi (e le Routard).