Le reazioni

Liguria, insurrezione contro il divieto del burqua negli ospedali

Con Burqa in consiglio Regionale
Foto d'archivio

Liguria. L’assessore regionale alla Sanità Sonia Viale ha annunciato che la Regione Liguria, sulla scorta di quanto già accaduto in Lombardia, ha intenzione di varare un’apposita delibera di giunta per proibire l’ingresso negli ospedali liguri a chi indossa il burqa.

La decisione, però, ha subito scatenato la reazione dell’opposizione. “La prima obiezione che mi sento di fare di fronte alle dichiarazioni dell’assessore Viale in merito al divieto del burqa negli ospedali è che tutti hanno diritto a essere curati, indipendentemente dalla religione che professano e da come si vestono. Se si vuole aprire una discussione sul burqa, iniziare dagli ospedali è la cosa più sbagliata che ci sia. Anzi, così si rischia di esasperare gli animi e creare tensioni. Se il tema che intende sollevare la Giunta Toti, invece, è la sicurezza, e questo è un argomento serio, allora non si capisce perché voglia affrontarlo solo quando una donna ha bisogno di cure ospedaliere: non ha alcun senso”, ha detto la capogruppo in consiglio regionale del Pd, Raffaella Paita.

“E poi parliamo di discriminazione: una questione che va senza dubbio affrontata e che riguarda anche le mutilazioni agli organi femminili o le vittime della tratta, un tema rispetto al quale la Giunta Toti si è distinta per essersi dimenticata di chiedere i fondi al governo. Gli stranieri in Italia sono 5 milioni, quasi il 10%. Molti sono musulmani. Una Regione seria affronterebbe queste vicende aprendo un dialogo con queste comunità, utilizzando mediatori culturali e stimolando una riflessione con la parte più moderata e avanzata. Infine una domanda: se si presenta al pronto soccorso una donna in pericolo con indosso il burqa, cosa fa il medico, le dice di andare a curasi altrove?”, ha concluso.

“Una delibera discriminatoria e incostituzionale che, invece di estendere i diritti delle donne, li riduce ulteriormente. Un pessimo segnale, alla vigilia dell’8 marzo, che offende tutte le donne”, ha esordito Alice Salvatore, portavoce del MoVimento 5 Stelle Liguria.

“Inorridisce l’idea che, nel 2017, si possa impedire alle donne l’accesso alle cure sanitarie essenziali solo ed esclusivamente per i vestiti che indossa – spiega la consigliera regionale – In Italia esistono già leggi che vietano di girare in luoghi pubblici a volto coperto, come prevede il Testo unico di pubblica sicurezza. Questa delibera non è altro che l’ennesimo atto di propaganda demagogica già andato in scena in Veneto e in Lombardia. Un provvedimento che viola palesemente l’articolo 3 della Costituzione e andrà incontro a una inevitabile bocciatura da parte della Corte Costituzionale. Ma ormai a questo Toti e i suoi ci hanno fatto l’abitudine. Ciò a cui i cittadini liguri non si abitueranno mai è di essere governati da una coalizione politica retrograda e medievale che, in nome di un presunto principio di libertà, discrimina le persone in base a sesso, razza e religione. Se vogliamo parlare di discriminazioni – conclude Salvatore – pensiamo intanto alle troppe di cui sono vittime a casa nostra le donne, che ancora scontano un gap importante sul lavoro e sulle retribuzioni e che continuano ad essere oggetto di violenze, soprattutto domestiche. Fenomeno, questo, che dilaga ovunque e sul cui contrasto in questi anni si è investito poco o nulla”, ha concluso Salvatore.

Dura reazione anche da parte di Gianni Pastorino, Rete a Sinistra: “Una proposta inaccettabile: quello della sanità non può certo trasformarsi un terreno di scontro fra religioni, in cui prevale l’elemento coercitivo o discriminatorio. Se passa questa idea si aprono scenari sconcertanti: perché oggi si parla di burqa, ma domani? Dovremo appellarci alla convenzione di Ginevra? Tutto potrebbe diventare legittimo, con un simile precedente. Peraltro l’idea stessa di negare le cure a qualcuno, a chicchessia, è crudelmente incostituzionale; anche a livello di semplice teoria. Non solo: è un’idea che mina i fondamenti democratici cui ogni istituzione deve richiamarsi, a prescindere dall’orientamento politico della legislatura in corso. In Italia le cure non si negano a nessuno, neppure all’ultimo dei criminali. A maggior ragione ha diritto alla salute chi è soltanto portatore di una cultura diversa da quella prevalente: il che non rappresenta una colpa agli occhi della legge, fino a prova contraria. Detto questo, bisogna impegnarsi con più decisione per l’integrazione e, soprattutto, per affrontare le questioni di sicurezza o le difficoltà organizzative che la pluralità culturale comporta inevitabilmente. Serve lo sforzo di tutti, tanto della politica, quanto di tutte le comunità religiose. Di certo i problemi non si risolvono partendo da un indumento: chi lo pensa trascende nella demagogia”.

Sull’argomento interviene anche il deputato di Possibile, Luca Pastorino. “E’ da quando si è insediata la Giunta Toti che a Genova e in Liguria sento parlare di rivoluzione della sanità ligure, tagli dei costi, modelli d’efficienza. Invece, dopo le nomine di costose consulenze a pensionati che dovrebbero risollevare le sorti del Pronto Soccorso al San Martino di Genova, assistiamo a un’altra mossa innovativa dell’assessore alla sanità della Regione Liguria Sonia Viale: vietare i burka nelle strutture sanitarie”, dichiara.

“Al di là dell’evidente strumentalizzazione della festa della donna, Viale alza un polverone per dare un contentino alla parte più estrema della sua coalizione, generando un’evidente confusione tra diritti delle donne e libertà religiosa. Mi piacerebbe che la Regione Liguria si schierasse vicino a movimenti come “Nonunadimeno”, che portano avanti battaglie importanti come il salario minimo europeo, l’aborto libero, sicuro e gratuito, l’abolizione dell’obiezione di coscienza. E poi, perché non parliamo dell’abbattimento della Pink Tax, di assorbenti al 22% di iva o di pillole anticoncezionali che possono arrivare a costare 17 euro? Temi concreti e fondamentali per una vera politica a favore delle donne”, conclude Pastorino.

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