Prova su strada

A bordo di un tir nella “trincea di asfalto” della A10, tra corsie strette, cantieri e camion “pirata”

Teatro di incidenti tragici come quello di domenica scorsa, quando hanno perso la vita due operai

Genova. Quando sali su un tir il primo pensiero è quello di un senso di dominio della strada, ma basta imboccare il primo casello autostradale per capire che è l’esatto opposto: una fragilità che deve essere guidata, in tutti i sensi, perché basta veramente poco per passare dalla normalità all’emergenza. Quello che abbiamo fatto sull’autostrada A10, teatro di incidenti tragici come quello di domenica scorsa quando hanno perso la vita due operai che lavoravano in un cantiere tra Albisola e Celle, travolti da un tir che si è capovolto, è un viaggio per capire meglio quali possono essere le cause di questi incidenti.

A farci da “cicerone” Paolo Dima, vice coordinatore ligure del sindacato “Trasportounito” che, con il suo camion, ci ha guidato tra le mille difficoltà che devono affrontare gli autotrasportatori, tra infrastrutture vecchie, stranieri che “fanno i furbi” e non rispettano le regole ed automobilisti che non capiscono le difficoltà di chi è a bordo di questi mezzi.

Un viaggio che si snoda tra Genova, Savona e ritorno, ma che noi vogliamo iniziare a raccontare proprio da quella curva maledetta, da quei lavori in corso con il guard raid sfasciato dove, guarda il destino, un’auto ci suona nella galleria immediatamente successiva perché siamo costretti a invadere la sua corsia. “Ha ragione lui – ci spiega Dima – ma ho ragione pure io che se non mi allargo finisco contro la galleria”.

Le difficoltà sono molte e, nel video ve ne abbiamo mostrate solo alcune, le più lampanti, quelle legate alla sicurezza immediata. Ma i disagi quotidiani per chi guida un tir sono tantissimi, dall’impossibilita di avere accesso a un bagno (“Nelle piazzole di sosta non ci sono, e spesso negli autogrill è impossibile fermarsi”), fino al problema principale, quello di una committenza che, in parte per la crisi e in parte per convenienza, ha dato vita ad appalti al massimo ribasso, aperti anche alle imprese straniere, dove è proprio la sicurezza a farne le spese.

Le soluzioni ci sarebbero, spiega Dima, e non sarebbero nemmeno troppo difficili da applicare. “Qualche anno fa – racconta – sulla Savona-Torino, che era una strada pericolosissima, con i rientri di corsia, avevano fatto la loro comparsa le auto civetta. La polizia stradale, a bordo di una velocissima Subaru senza insegne, ma con una telecamera, monitorava la strada e sanzionava i trasgressori. Il passa parola è stato velocissimo e su quella strada le infrazioni sono calate drasticamente. Anche perché i fari che avevi dietro la notte potevano essere proprio quelli della civetta, e c’era poco da scherzare. Dovrebbero replicare questa esperienza in tutte le autostrade e ci sarebbero molti meno problemi”.

E, in questa lunga conversazione (noi ve ne riportiamo solo alcuni minuti salienti), c’è una parola che non ti aspetti: “educazione”. “Bisogna essere educati al volante – spiega Dima – con i motociclisti, che lasci passare per evitare che vengano affumicati dal tuo scarico, con gli automobilisti, che spesso salgono in autostrada senza conoscerne i meccanismi e ti fanno rischiare, con i colleghi. E invece sulle autostrade italiane c’è molta maleducazione. Io guido da 40 anni ma sono confuso, disorientato da quello che accade oggi. Noi però abbiamo deciso di avere tolleranza zero nei confronti di chi sbaglia, e sono contento così – conclude Dima – magari abbiamo perso il piacere di una buona tavolata tra colleghi, con un bicchiere di vino, ma alla fine è meglio così”.

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