Genova. Il sostituto procuratore Silvio Franz ha chiuso le indagini per l’omicidio di Davide Di Maria, ammazzato con una coltellata al petto il 17 settembre del 2016 in un piccolo appartamento a Molassana. L’unico indagato per omicidio è il 34 enne Guido Morso con cui Di Maria insieme ai ‘soci’ Mor N’Diaye e Christian Beron, aveva un appuntamento per un debito di droga. Guido, che era arrivato all’appuntamento con il padre Enzo Morso armato di pistola, entra nell’abitazione e viene probabilmente aggredito dal trio. N’Diaye, già noto per episodi di violenza, lo aspetta bardato con i paramenti da combattimento, con tanto di nocchiere, guscio protettivo e cavigliere.
Ne nasce una rissa. Parte anche un colpo di pistola il cui proiettile finisce incastrato in un mobile. Ad uccidere il pusher 28 enne sarà invece una coltellata. Quello che accade veramente in quella stanza chiusa però lo sanno solo i protagonisti rimasti vivi, da un lato i due Morso, dall’altro N’Diaye e Beron, che nel corso delle indagini condotte dalla squadra mobile daranno versioni contrastanti con dettagli modificati nel corso del tempo.
In particolare Guido Morso, difeso dall’avvocato Riccardo Lamonaca, che si era costituito il giorno dopo l’omicidio confesserà di aver sparato il colpo di pistola, quando si credeva che fosse l’arma da fuoco ad aver ucciso il 28 enne, ma non ha mai ammesso di essere stato lui ad accoltellarlo. Anche il padre di Guido, Vincenzo (difeso da Mario Iavicoli), si era costituito dopo un paio di settimane: ma lui è accusato solo di aver accompagnato il figlio portando con sé una pistola. Tutti gli altri sono accusati di rissa aggravata da cui è scaturita la morte di Di Maria.
Il 28 enne che il giorno prima dell’omicidio aveva aggredito con i suoi due soci due giovani del quartiere di Marassi colpevoli di aver rifiutato di rifornirsi di droga da loro, avrebbe avuto con Guido Morso un debito di alcune migliaia di euro è stato ritrovato con un polso e un polso e una caviglia legati con fascette da elettricista. Anche su questo i suoi ‘amici’ hanno dato versioni contrastanti parlando prima di un gioco con cui Di Maria avrebbe mostrato agli altri che era in grado di liberasi, poi di una scenetta allestita per l’arrivo di Guido Morso con cui N’Diaye e Beron avrebbero voluto fare vedere che ‘consegnavano’ il debitore.
Un fatto che non è mai stato chiarito come non è mai stata trovata l’arma del delitto (Guido Morso invece aveva spiegato lui stesso agli investigatori dove trovare la pistola). Il fascicolo sta per passare al sostituto procuratore Alberto Lari (il pm titolare dell’indagine ha ottenuto un incarico all’Eurojust dell’Aia) e l’avvocato Riccardo Lamonaca preannuncia la richiesta al pm di ulteriori accertamenti a cominciare da un nuovo interrogatorio per lo stesso Guido Morso.
Anche perché come emerso dalle indagini scientifiche sul cadavere di Davide Di Maria è stato trovato il dna di Marco N’Diaye e nessuna traccia invece di quello di Guido Morso, elemento che il difensore di Morso giudica quantomeno anomalo visto che l’omicidio secondo la perizia del medico legale Alessandro Bonsignore sarebbe scaturito proprio al termine di una colluttazione che presuppone un contatto fisico di un certo rilievo.